mercoledì 30 maggio 2012

COSTERA 2009 - Cannonau di Sardegna D.O.C. - Argiolas

...già assaggiato più di una volta e mi sono sempre ritrovato nel bicchiere un vino che fatica a "prendermi", ma che comunque apprezzo e rispetto per integrità e mancanza di "ruffianaggine"...


Dopo l'ottimo Keramos della Tenute Soletta, torno in Sardegna per parlarvi di Cannonau. Nel frattempo ho intervallato e scritto di due  Sauvignon bianco e nero (anche se in verità sono passate di qui anche due bottiglie di Gewurztraminer e un passito di Pantelleria che non ho avuto il tempo di raccontarvi). 

Mentre il Keramos si é dimostrato un Cannonau che ...è come un tetris, dove ogni tassello si incastra alla perfezione e mantiene in equilibrio un vino che deve essere bevuto per essere capito in ogni sua sfumatura... oggi passo dalla cantina principe e più prestigiosa a livello internazionale della Sardegna, ovvero Argiolas e più precisamente vado a stappare il Costera 2009, Cannonau classico, sia nel suo metodo produttivo che nella sua espressione sensoriale, pur denotando alcune specifiche caratteristiche. 

Non posso esimermi, vista l'importanza, dal dedicare spazio alla storia della cantina Argiolas. Siamo nel centro storico di Serdiana, pochi km a nord di Cagliari sulla statale 387; qui Antonio Argiolas ha fondato la sua cantina nei primi del '900 e qui risiede anche oggi, gestita attualmente dai nipoti. Quasi 100 anni di passione imprenditoriale per il vino e la terra sarda, tra ristrutturazioni, investimenti, ammodernamenti, ricerca, e sperimentazioni che hanno fatto di Argiolas una delle più importanti realtà vitivinicole italiane. C'è grande attenzione e ricerca, laboratori, studi universitari e progetti. Cercare di interpretare la tradizione in chiave moderna (vedi ad esempio il progetto Convisar per lo studio dei vitigni autoctoni e la creazione di vivai per la ripropagazione del Nasco, Bovale, Monica, a rischio di estinzione). 

Certo la poetica idea del vignaiolo fai da te che segue tutto il processo produttivo, della piccola cantina dove si produce il vino in maniera artigianale non si sposa proprio con Argiolas, che con 230 ettari vitati e una produzione annua di circa 2.000.000 di bottiglie, snocciola grandi numeri da "industria del vino", ma fortunatamente qui non sono solo i numeri e il marketing a contare. C'è la terra sarda e la sua moltitudine di vigneti autoctoni, dai più conosciuti Cannonau, Vermentino e Carignano, passando per il Monica, il Bovale, il Nasco, il Girò, il Nuragus. E poi ci sono i vini, capaci di esprimere la "Sardegna", ma anche di integrare nelle sue espressioni più famose (Turriga in primis), il carattere di questo territorio con l'eleganza, la finezza e l'appeal dei vini moderni. 

Due linee produttive per una quindicina di vini commercializzati, quella tradizionale e più economica, comprendente le versioni classiche di Vermentino, Cannonau, Nuragus, Monica ecc... e la più quotata e costosa "linea prestigio", con il Turriga in cima alla lista, ma anche altri famosi blend a base di uve autoctone come il Korem, Is Solinas, Antonio Argiolas, Cerdena, Iselis, ma anche i bianchi Angialis e Is Argiolas.

Come ho scritto sopra, il vino gustato si chiama Costera, annata 2009, Cannonau D.O.C. classico, acquistabile un po' ovunque e venduto tra le 10 e le 15 euro (dipende un po' dall'enotecaro...). Abbinata della serata (forse non proprio azzeccatissima ma ci sta... pur sempre di maiale si tratta..) con un invitante carrè di costine in fibrillazione sul barbecue.

Per produrre questo Costera, vengono assemblate le uve provenienti dall'omonima tenuta, con l'aggiunta di piccole quantità di Bovale e Carignano al preponderante Cannonau (circa 90%). Fermentazione e macerazione a temperatura controllata, per una durata di circa 10-12 giorni, a cui segue la fermentazione malolattica in vasche di cemento vetrificato e 8-10 mesi di invecchiamento in piccoli fusti di rovere, prima di concludere con un breve affinamento in bottiglia.

Alla mescita si presenta di color rosso rubino scuro con sfumature che tendono al granato, piuttosto spento e opaco, ma fitto e concentrato, buio e impenetrabile come la notte. Al naso è spinto e pungente, vinoso ed intenso con sentore alcolico in bella evidenza (14%vol.), qualche secondo in più con il naso dentro il bicchiere ed é subito effetto “saturazione” alle narici. Non posso definirlo “austero” ma sicuramente rimane la sensazione di un vino piuttosto chiuso e non completamente pronto. Stesso discorso anche al palato... il vino si dimostra tosto e strutturato, intenso e tannico, leggermente astringente. Abbiamo a che fare con un vino “bello carico” e di grande longevità, ma probabilmente a 3 anni dalla vendemmia, non ha ancora raggiunto la perfetta maturazione ed equilibrio. Avrebbe meritato ancora qualche annetto di riposo in cantina. 

Suppongo che Argiolas abbiano voluto esprimere in questo Costera il carattere più rustico e verace del Cannonau, anche se lo descrivono "rotondo e di ottimo equilibrio". Detto questo, il vino è ben centrato sul carattere e la struttura, é un vino "forte" ma non muscoloso, con piacevoli note di frutta a bacca nera, ma anche una leggera speziatura e sentori tipici del legno, con un finale piuttosto lungo e persistente. Di contro la beva non è mai fresca e dinamica, manca un po’ di polpa, di morbidezza e di eleganza, come un bel fiore che però non sboccia mai. 

Sò che il Costera ha molti estimatori, non so esattamente se sia per le qualità del vino o per il blasone della cantina che lo produce. Io personalmente l'ho già assaggiato più di una volta e mi sono sempre ritrovato nel bicchiere un vino che fatica a "prendermi", ma che comunque apprezzo e rispetto per integrità e mancanza di "ruffianaggine", che spesso troviamo in alcuni vini costruiti ad ok per compiacere il bevitore della domenica.

Se penso alla succosa croccantezza ed alta bevibilità di molti vini assaggiati e acquistati alle rassegne enologiche come Vinnatur, La Terra Trema, Sorgente del Vino ecc... beh penso di sapere con 10-15 euro in tasca su che bottiglia puntare... fate vobis...

giovedì 24 maggio 2012

CABERNET SAUVIGNON 2008 - Piave D.O.C. - Camùl Tonon Vini

...essendo questo un vino “con le palle” mi piazzo su i primi 3 album dei Korn...  Un'abbinata perfetta con questo Cabernet Sauvignon, scuro e buio nel bicchiere, ma che si lascia bere con piacere.


Pam Pam, bianco e nero, venerdì e sabato doppietta di Sauvignon. Nel precedente post vi ho raccontato di quello bianco del Collio, a nome Marco Felluga, degno compagno di viaggio di un’orata grigliata, oggi passiamo al nero, perché in occasione di una cena tra amici abbiamo tirato il collo ad una boccia di Cabernet Sauvignon 2008 della cantina Tonon.

Bottiglia sperimentale, acquistata totalmente alla cieca solo perché mi piaceva l’etichetta. Ho i miei gusti e la mia idea di vino, certo, ma sono ancora in quella fase di esplorazione in cui cerco di bere il più possibile, ho sete di conoscere e scoprire sempre nuove cantine e nuove bottiglie. Il mio personale deposito è sempre ben fornito di vini acquistati alle rassegne e alle fiere enologiche, ma ogni tanto, mentre passeggio con il carrello nella corsia dei vini direzione cassa, mi faccio volentieri “fregare” come un bambino, da qualche etichetta “sconosciuta” che attira la mia attenzione, e se l’esborso lo consente… tanto vale sperimentare… Non vi è mai capitato di comprare un disco solo perché vi ispirava fiducia la copertina?? Io credo di si… e se molto spesso ci sono ottimi vini (e dischi) dalla veste grafica pessima… è altrettanto vero che un vino con una bella etichetta difficilmente mi delude e questo Cabernet, pur senza stupire, non fa eccezione. 

Autore di questo vino é l'azienda “Vini Tonon”, con sede a Carpesica di Vittorio Veneto nelle prealpi venete. Fondata nel 1936 la famiglia Tonon gestisce 3 linee produttive. Una a loro nome, con produzione incentrata sulla D.O.C.G. Valdobbiadene, prosecchi e vini frizzanti. La linea Villa Teresa, a sua volta suddivisa in vini biologici e vini convenzionali, che abbraccia la molteplice tipologia dei vini veneti (Cabernet, Merlot, Pinot Grigio, Chardonnay, Prosecco ecc...) e la linea Camùl, quella dei cru, se così si può dire, essendo la linea che tratta una piccola porzione di vigneti, che rappresenta il fiore all'occhiello della Tonon Vini.

La bottiglia acquistata per circa 8 euro é un Cabernet Sauvignon Piave D.O.C. della linea Camùl, annata 2008. Il famoso vitigno di origine bordolese, in Veneto si coltiva da secoli, tanto da poter essere definito un vitigno (se non proprio autoctono) tipico e caratteristico di questa regione. Parlare di Cabernet Sauvignon significa parlare di un vitigno internazionale conosciuto e coltivato in tutto il mondo, in grado di dare risultati molto differenti in base al terroir, alla resa, all’affinamento ecc… Questa tipologia di uva ben si adatta nei “blend”, il classico e famoso taglio bordolese ad esempio, con l’utilizzo di Cabernet Franc o Merlot, oppure il taglio toscano “Tachis style”, "mixato" con l’utilizzo dell’autoctono Sangiovese; ma molto spesso viene utilizzato anche in purezza. La gamma qualitativa per il Cabenet va da zero a cento e basta dare un occhio agli scaffali di supermercati ed enoteche per farvi un'idea... noterete bottiglioni di Cabernet da pochi euro, a costosissime bottiglie che ti vien male agli occhi solo a guardarle. 

Per questa versione della Tonon Vini il Cabernet Sauvignon (proveniente da vigne con una resa di 80ql/ha) viene vinificato in purezza, prima di invecchiare per 15 mesi in barriques a cui segue un anno di affinamento in bottiglia. Diciamo che non abbiamo a che fare con un vino giovane e da battaglia, ma neanche con un Cabernet di alto livello. Anche in questo caso vado alla ricerca del buon vino al giusto prezzo.

Nel bicchiere si presenta con un rosso rubino scuro, intenso, concentrato e impenetrabile, dalle sfumature violacee. Termini come dinamico, snello, limpido e trasparente non appartengono al dna dell’uva Cabernet. E’ un vino di grande concentrazione e lo si avverte anche al naso. Pieno, carico, intenso, parte all’attacco, vinoso e con una bella spinta alcolica (13.5%vol.), qualche minuto di ossigenazione e qualche “rotation” per tranquillizzarlo un po’, ed ecco  una bella cassetta di frutta nera matura (more, ribes, prugne), accompagnata da una speziatura di fondo, con note erbacee e un leggero effetto tostatura a richiamare sensazioni di sigaro e tabacco. Al palato è pieno, caldo e di corpo. E’ un vino robusto e tannico, polposo e avvolgente. Tosto alla beva quindi, ma senza esagerare o risultare aggressivo. Certo non è un vino a “tuttopasto” da bere a bicchierate, ma sa comunque farsi piacere. L’effetto legno si fa sentire, forse anche eccessivamente (soprattutto se  non siete amanti della barriques), diciamo pure che risulta un po’ “legnosetto”, ma al contempo, riesce a non essere mai astringente o allappante, risultando grazie all’affinamento, morbido e rotondo, con un bel finale lungo, persistente e “nero”. 

Decisamente un vino poco estivo visto il periodo, ma più adatto per scaldarvi durante una fredda giornata invernale, con un bel piatto di polenta e “animalo setoloso” in salmì… Stappatelo almeno un’oretta prima della mescita in quanto necessita un po’ di ossigeno. Rapporto qualità prezzo adeguato. Ottimo riscontro tra i commensali, che hanno apprezzato quanto bevuto, il che dimostra che é un vino che sa farsi piacere, mentre a titolo personale mi ha lasciato un po’ la sensazione del classico vino “barrique” con lode ma anche con qualche infamia, con tutti i pro e i contro che il giudizio nazional-popolare ha in merito ha questa tipologia di vini.

Musicalmente essendo questo un vino “con le palle” mi piazzo su i primi 3 album dei Korn. I paladini del NuMetal amati e odiati (dai puristi del metal), hanno comunque segnato un punto di svolta nella storia della musica pesante. La vena dark dei Cure che incastonata tra chitarre cupe e ribassate, pesanti come il piombo, l’elettronica più scura su un cantato da psicolabile, l’incidere sincopato del’hip hop… un crossover di rumori che creano un “wall of sound” senza precedenti. Ma non pensate a qualcosa di indefinibile, c’è la forma canzone, c’è la ritmica che ti fa saltare, c’è il ritornello che ti fa cantare. Il primo omonimo album, poi Life is Peachy e la consacrazione di Follow the leader…… Poi arriva il successo e tutto sfuma nel mainstream… 

Un'abbinata perfetta con questo Cabernet Sauvignon, scuro e buio nel bicchiere, ma che si lascia bere con piacere.

martedì 22 maggio 2012

SAUVIGNON 2010 - Collio D.O.C. - Marco Felluga

...se come il sottoscritto non siete amanti di certe peculiarità del Sauvignon (miao miao..) allora vi troverete a vostro agio con questa versione più morbida e amabile...


Qui, nelle Prealpi Varesine, l'estate 2012 sembra non voglia mai arrivare. E’ vero, siamo ancora in primavera, ma solitamente in questo periodo si respira già un certo clima estivo… se non altro negli armadi, pantaloncini e magliette sostituiscono giubbotti e maglioni. Quest’anno invece, Aprile é stato decisamente piovoso e Maggio ha alternano giornate assolate ad altre più grigie e fredde, in cui si è reso necessario ri-accendere le caldaie. Il che significa bloccare tutta la mia "insaziabile" voglia di calde serata estive, passate in giardino a chiacchierare tra le bottiglie di vino e il fumo della griglia. L'altra sera però non ho resistito... niente bermuda e infradito, ma un bel felpone.. orate transgeniche sulla griglia… bruschettone con peperoni grigliati, pomodorini, acciughe, timo e limone (consigliatissimo)… patate al cartoccio e bottiglia di Sauvignon Felluga ad innaffiare il tutto.

Con questa bottiglia andiamo in una delle zone di eccellenza della viticoltura italiana, forse la più vocata in assoluto per la produzione di uva a bacca bianca, ovvero il Collio,  area collinare a ridosso del confine sloveno in provincia di Gorizia. Famosa nel mondo per la produzione di vini bianchi, con l'autoctona Ribolla, ma anche Tocai, Pinot, Chardonnay, Sauvignon ecc.. Un territorio unico dislocato tra il mare e le montagne, caratterizzato da un suolo argillo-sabbioso.

Qui la viticoltura ha origini antiche e tra i suoi produttori più grandi e celebri spicca sicuramente il nome dei Felluga. Non solo il celebre Livio ma anche la cantina di Marco Felluga, dove si produce vino da oltre un secolo, ed oggi é giunta alla quinta generazione con Roberto. Qui si pratica una viticoltura che incrocia la tradizione e la modernità, in grado di gestire 100 ettari vitati e una produzione di circa 600.000 bottiglie, suddivise in due realtà produttive, la Marco Felluga con le viti ubicate nei comuni di  Farra, San Floriano, Oslavia e Cormòns e la Russiz Superiore, con le viti che circondano la cantina, situata nella località di Russiz Superiore, nel comune di Capriva del Friuli.

Il vino che ho acquistato e scolato é un Sauvignon 2010, della cantina Marco Felluga, acquistato per circa 10 euro. Prodotto con il 100% di uve Sauvignon, viene vendemmiato manualmente ad inizio settembre, a cui segue la diraspatura, la macerazione a freddo e la pressatura soffice. La fermentazione avviene a temperatura controllata in vasche di acciaio, dove il vino vi rimarrà per altri 6 mesi sui lieviti, a cui segue un ulteriore mese di affinamento in bottiglia. Gradazione alcolica del 13%vol.

Nel bicchiere rispecchierà a pieno le caratteristiche che ci si aspetta da un Sauvignon. Giallo paglierino con riflessi dorati, trasparente e luminoso. Il naso é di discreta intensità, fresco e rotondo, colpisce subito per delicatezza e pulizia, con sensazioni dolciastre che richiamano la frutta esotica. Ma questo é solo l'inizio mi verrebbe da dire, sono soprattutto le note erbacee e vegetali a farsi sentire… sambuco, fiori di bosso, salvia, ortica e peperone giallo. Vino di buona struttura, riempie bene la bocca, sapido e aromatico, con una spiccata vena acida che conferisce alla beva buona freschezza. Nell'insieme il vino é ben equilibrato e armonico, con un interessante finale minerale e dal retrogusto agrumato.

Pur non essendo un fanatico del Sauvignon bianco, devo ammettere che questa versione “no legno” di Felluga sa farsi apprezzare per freschezza e piacevolezza alla beva. Un vino ben fatto, preciso, pulito ed equilibrato. Forse eccessivamente tecnico, ma qui dipende un po’ dai vostri gusti… se come il sottoscritto non siete amanti di certe peculiarità del Sauvignon (miao miao..) allora vi troverete a vostro agio con questa versione più morbida e amabile, se invece vi piacciono i toni più accesi e spiccati, allora questo è un vino un po’ troppo rifinito.
 
Gastronomicamente si è lasciato bere con disinvoltura in abbinata al pesce grigliato, ma devo ammettere che ci stava ancora meglio con il bruschettone a base di peperoni, acciughe e timo.

Buon rapporto qualità/prezzo e buona bevuta quindi… anche se, a lanciare l’amo nel Collio, si possono indiscutibilmente pescare bottiglie migliori… (Princic, Terpin e compagnia…).

mercoledì 16 maggio 2012

KERAMOS 2004 - Cannonau di Sardegna Riserva D.O.C. - Tenute Soletta

...Il Keramos è come un tetris, dove ogni tassello si incastra alla perfezione e mantiene in equilibrio un vino che deve essere bevuto per essere capito in ogni sua sfumatura.


Sarà che ho sempre bevuto bottiglie di poco valore e livello qualitativo mediocre, ma se penso al Cannonau, penso ad un vino rustico e denso, scuro e concentrato, dalla gradazione alcolica spesso elevata, ideale per “sgrassare” l’apparato digerente dai residui del “porceddu”, quello che spesso ritrovi sulle tavolate nelle calde serate estive mentre la griglia "ruzza" a più non posso... un paio di bicchieri e sei già ko. 

Molti obbietteranno che non é sempre così.. lo so.. lo so.. lo stesso discorso ad esempio, può essere fatto anche con il Nero d’Avola, che già dal nome ti aspetti un vino “nero”, denso, caldo e concentrato, poi ti capita di assaggiare il “Nero di Lupo” della cantina Cos e scopri che il Nero d’Avola può essere totalmente diverso rispetto a quello a cui sei sempre stato abituato. 

Anche se per ragioni differenti, eccomi a stappare un Cannonau che non ti aspetti. Prendiamo ad esempio la bottiglia di cui vi scrivo oggi… il Keramos delle Tenute Soletta... mi ritrovo tra le mani la loro versione riserva del 2004, che bevuto alla cieca difficilmente avrei definito Cannonau almeno considerando le bottiglie assaggiate fino ad ora.

Ma andiamo con ordine.. e partiamo dalla cantina... Le Tenute Soletta é una azienda vitivinicola piuttosto piccola a gestione familiare (i Soletta) con 12 ettari vitati e una produzione di circa 100.000 bottiglie l'anno. I vigneti sono situati nel nord dell'isola, in provincia di Sassari, più precisamente nei comuni di Codrongianos e di Florinas. Grande spazio alle uve autoctone (Cannonau in primis), Cagnulari, Sangiovese, ma anche internazionali (Cabernet Sauvignon), senza dimenticare i bianchi Vermentino, incrocio Manzoni e Moscato. La cantina e la produzione vinicola come la conosciamo oggi, prende forma nel 1996 ed in breve tempo riesce a porsi all'attenzione dei consumatori e dei giornalisti di settore sia a livello nazionale che internazionale. 

Fiore all'occhiello e artefice del successo delle Tenute Soletta é indubbiamente il loro Keramos, non a caso l'annata 2004, si é guadagnata i 3 bicchieri Gambero Rosso nel 2009 e ha concesso il bis anche quest'anno con l'annata 2007, oltre ad essere inserito nella lista dei 10 migliori vini del sud d’Italia dal guru Parker, che, pur non godendo di grandissime simpatie da queste parti, stavolta devo assecondarlo… Io non ho assaggiato tutti i vini del sud Italia per poter stilare una classifica definitiva come lui, ma sicuramente questo Cannonau è un vino ben fatto, che piace e sa farsi piacere…(ed é uno dei migliori vini del sud d'Italia che ho assaggiato fino ad oggi...).

Per la produzione del Keramos (che significa argilla) vengono utilizzate uve Cannonau al 100%, provenienti dal vigneto di Florinas, situato a 400 m.s.l.m. su un terreno di origine calcarea-sabbiosa, una densità di 5000 piante per ha. con resa pari a 70-80 ql. Le uve vengono vendemmiate manualmente nel mese di ottobre, mentre la vinificazione a temperatura controllata (circa 30°C) con macerazione sulle bucce dura una ventina di giorni. L'affinamento avviene sui lieviti per 24 mesi in botti di rovere francese, a cui se ne aggiungono altri 6 di riposo in bottiglia.

Allora… rosso rubino con unghia granata, si lascia già pre-gustare con gli occhi… grande pulizia, consistenza viscosa, liscio e piatto. Alla prima rotazione si aggrappa alle pareti del bicchiere come Spiderman, prima di scendere lentamente, ma senza lasciarti la sensazione di densità, pastosità e rusticità, tanto è elegante già alla vista. Al naso parte come un treno, deciso, vigoroso, pieno, carico e vinoso con decisa vena alcolica (14%vol.). Vi consiglio “sniffate” intense ma brevi, se troppo prolungate potreste avvertire una sensazione di bruciore alle narici con conseguente lacrimazione degli occhi!!. La figata di questo Keramos è che tutta questa intensità e persistenza olfattiva, ha la capacità di aprirsi in un bouquet variegato e complesso, che sa essere elegante, fine e avvolgente. Per intenderci (con le dovute differenze... non scomunicatemi..) ha un po’ l’effetto “naso” di un Barolo, intenso ma elegante e variegato, che è ben altra cosa rispetto all’intensità chiusa, legnosa e muscolosa di certi Supertuscan con poco cervello. Immancabile la frutta rossa e nera, ciliegie, more, ma anche prugna, con “suggestioni” mediterranee, come il mirto e la liquirizia. L’ affinamento in barriques si fa sentire, non manca il dolciastro della vaniglia e del cacao, ma anche più “piccanti” note speziate, come cannella e pepe. Al palato da il suo meglio, c’è un filo conduttore tra le sensazioni aromatiche e gustative, ritroviamo dunque tutti gli aromi, i sentori e le “suggestioni” già avvertite al naso, ma soprattutto abbiamo un vino caldo, avvolgente e rotondo che riempie bene la bocca e, come alla vista, lascia un'ottima sensazione di pulizia. Il tannino è sul pezzo ma senza spigolare. La beva è importante e di spessore, il vino ha struttura e corpo ma riesce a mantenere una buona freschezza e una nota minerale che lo rendono assai piacevole e succoso. Il finale é lungo e di buona persistenza, con rilascio balsamico. 

Il Keramos è come un tetris, dove ogni tassello si incastra alla perfezione e mantiene in equilibrio un vino che deve essere bevuto per essere capito in ogni sua sfumatura. 

Se vogliamo (e io voglio…) permetterci di dare una tirata d’orecchie alle Tenute Soletta, posso dire che chi come il sottoscritto, é maggiormente legato ai così detti vini “veri” e "naturali", molto territoriali anche nei loro piccoli difetti, in questo Cannonau Riserva sembra esserci un eccesso di internazionalismo e modernismo, quasi come se il vino fosse troppo ben fatto e ben studiato, quasi un eccesso di eleganza, equilibrio e pulizia, tanto che (come ho scritto sopra), in una degustazione alla cieca avrei faticato ad individuarne la tipologia.

Diciamo che eccede un po' sotto questo profilo, ma il Keramos, anche nel suo essere "ruffiano", sa farsi amare, perché a differenza di altri vini dal taglio "moderno", riesce a mantenere un carattere di fondo che ben lo colloca nel territorio di appartenenza, grazie anche alla scelta di puntare si sull'eleganza e il piglio moderno, ma partendo da un vitigno (il Cannonau) in purezza (senza scadere nel "taglio" da Supersardus... come ad esempio il Montessu di cui ho scritto in passato). 

Un grande vino quindi, ideale sia per pasteggiare che da bere in degustazione, magari con qualche buon pezzo di pecorino locale e pane carasau. Attenzione al prezzo... i vini sardi hanno spesso dei costi contenuti rispetto alla media e il Keramos non fa eccezione. Mediamente si aggira sulle 20 euro, che non é proprio regalato, ma posso garantire che per la qualità e l'importanza della bottiglia é un prezzo molto interessante, che sicuramente fa invidia a molti altri vini più costosi, blasonati e dal gusto scontato. Quindi qualche buona bottiglia di Keramos in cantina potete anche piazzarla (consiglio sicuramente questa annata) e magari anche dimenticarvela, é un vino di struttura e buona longevità che può evolvere e ulteriormente migliorarsi con il passare degli anni. Se cercate una bottiglia di spessore senza svuotarvi le tasche... bingo... ed evitate anche di ricadere sui soliti noti Tosco-Piemontesi.

Difficile trovare un abbinamento musicale a questo Cannoanu, anche perché non conosco di persona la famiglia Soletta, dipende da voi e da dove stappate la bottiglia. Se siete tra quelli che "meditano" sullo yacht a largo di Porto Rotondo, allora ascoltatevi pure la discografia di Apicella, mentre attendete che Silvio accenda il vulcano sopra Villa Certosa, ma mi raccomando... quando avete svuotato la bottiglia non dimenticatevi di spaccarvela sulla testa!! Per tutti gli altri, comuni mortali, avanti con la discografia dei Subsonica, il loro sound electro-rock-danzereccio, spinge verso una forma di pop moderno da alta classifica, musica di facile presa ma sempre intelligente, perché i ragazzi subsonici arrivano dalla strada e non hanno mai dimenticato le loro origini, un po' come questo Keramos.

giovedì 10 maggio 2012

SYLVANER 2010 - Alto Adige Valle d'Isarco D.O.C. - Abbazia di Novacella

...per "complicità territoriale” è godibilissimo fresco, in una bella giornata estiva, mentre vi gustate il sole in un bel maso del sudtirol, con un bel formaggio di malga, un verde prato fiorito davanti a voi e il concerto di campanacci delle mucche al pascolo in sottofondo...


"Se sei titubante gioca il re o il fante!". Questa é una delle regole basilari nel gioco della "Scopa d'Asse", da tenere a mente e ben presente quando sei di prima mano e non sai con che carta uscire. Perché già sai che l'anziano padano esperto giocatore da circolo appostato alle tue spalle (oltre che esperto di scavi stradali..), non aspetta altro che la "scopa" del tuo avversario per inveire su di te e ricordarti che "te se mia bon da giugà", che non dovevi uscire con quella carta li e avanti con i commenti negativi sulla tua prestazione... 

Ebbene tenetevi a mente questa regola quando dovete acquistare un vino bianco e siete titubanti.. comprate un bianco dell'Alto Adige.. nel bene o nel male, che abbiate pescato dal mazzo la boccia vincente o meno, di sicuro nessuno vi farà "scopa", perché gli altoatesini in fatto di vini bianchi difficilmente sbagliano mossa.

E così é stato anche in questo caso, con questa bottiglia di Sylvaner dell'Abbazia di Novacella. Basta uno sguardo alla foto dell'Abbazia ripresa dall'alto... non c’è traccia dell’italico kaos e del latineggiante degrado… siamo in Sudtirol e si vede, nazione Italia ma è come se fossimo in Austria. Un’antica abbazia circondata per tre/quarti da vigneti con il fiume Isarco che gli scorre davanti… tutto incredibilmente perfetto, ogni cosa al suo posto. Io sono di Varese, già qui ci danno degli svizzeri e i milanesi impazziscono per i nostri verdi paesaggi prealpini, i parchi e i giardini ben curati, ma in Alto Adige sono un ulteriore passo avanti verso la perfezione, che ritroviamo nei loro vini, definiti, lineari, precisi. 

La cantina di questa Abbazia situato nel comune di Bressanone nella zona a D.O.C. della Valle d'Isarco, ha origine antichissime e fin da subito (si parla del 1142) i monaci Agostiniani si sono dedicati alla produzione di vino. Grande tradizione vinicola quindi per una cantina che oggi esporta i vini altoatesini in tutto il mondo. Nelle vigne che circondano l'Abbazia vengono coltivati vigneti come il Muller Thurgau, il Gewurztraminer, il Sylvaner, il Kerner e il Veltiner, mentre dai vigneti situati a sud dell'Abbazia si ottengono i vini rossi, come il Pinot Noir, il Lagrein, Kalterersee e il Moscato Rosa. 

In totale la bellezza di 650.000 bottiglie prodotte con le uve provenienti dai 25 ettari di proprietà, a cui si aggiungono altri 50 ettari gestiti dai soci della cooperativa. Una grande cantina, dove si fanno i grandi numeri ma anche vini qualitativamente eccellenti. Come spesso accade nelle grosse cantine cooperative sono parecchie le tipologie di vini prodotti, spesso suddivisi in linee produttive differenziate. Anche in questo caso alla linea classica (che comprende i vini più giovani spesso affinati in solo acciaio e prodotti in maggior quantità, il che significa prezzi più contenuti e reperibilità più facile) é abbinata la linea Praepositus (più costosa e con uve provenienti da vigne con rese più basse) e i vini da dessert.

La bottiglia che vado a stappare é un Sylvaner della linea classica. Bottiglia di tipo Renana, viene prodotta con uve Sylvaner* in purezza, vendemmiate a metà ottobre, provenienti da un vitigno posto tra i 600 e i 750 metri di altezza, con una densità di impianto pari a 6/7.000 piante per ettaro e una resa di 60hl. Vinificazione e maturazione avvengono in acciaio inox, tranne una piccola parte che viene riposta in botti di rovere da 30hl. Utilizzo esclusivo di lieviti naturali e affinamento di 6 mesi.

Il vino si presenta di color giallo paglierino, piuttosto scarico con riflessi verdognoli. Leggero, dinamico e di ottima trasparenza. Naso delicato, discreto per intensità e persistenza, ma molto piacevole, e definito, quasi rilassante... si parte dalle dolci note di frutta bianca tipica della zona come pera e mela, fino agli esotici sentori di melone e banane, prima di terminare con una leggera nota amarognola che richiama l’erba e i fiori bianchi dei verdi campi altoatesini, ma anche le rocce delle sue montagne. Al palato ottima corrispondenza con il naso, si dimostra vino fresco e di pronta beva, amabile e mai stancante, quasi facile verrebbe da dire, ma mai banale o insignificante. Un vino che si lascia apprezzare già in giovane età, risultando da subito molto equilibrato, tra la polpa dolciastra delle frutta bianca, una vena acida mai fastidiosa, che riesce a conferire grande freschezza ed un finale di buona persistenza e sapidità, con una vena amarognola a richiamare le note minerali. 

Davvero piacevole, definito, preciso... a mio avviso è un grande bianco che nella sua pulizia gusto/olfattiva e freschezza può mettere d’accordo sia i palati più fini che i bevitori occasionali. Quasi impossibile trovare dei difetti a questo Sylvaner, metteteci anche un rapporto qualità/prezzo molto interessante (circa 10euro), la facile reperibilità (ultimamente avvistato anche al supermercato) e il piacere di mettere sul tavolo un vino “tirolese” che non sia il solito Thurgau o Traminer. 

Abbinamento gastronomico trasversale, io personalmente l’ho bevuto in abbinata ad un polpo in insalata con patate e olive, ma per "complicità territoriale” è godibilissimo fresco, in una bella giornata estiva, mentre vi gustate il sole in un bel maso del sudtirol, con un bel formaggio di malga, un verde prato fiorito davanti a voi e il concerto di campanacci delle mucche al pascolo in sottofondo, se poi siete dei punkabbestia sempre e ovunque, allora portatevi un lettore mp3 con tutta la discografia degli Exploited dentro!!

Da fare scorta in cantina.

* Per il lettore occasionale che si sta chiedendo che cosa sia il Sylvaner e che conosce esclusivamente i più famosi Muller Thurgau e Gewurztraminer di cui sono invasi gli scaffali della grande distribuzione... a grandi linee si tratta di un vitigno tipico del centro Europa, molto diffuso in Austria (probabilmente il suo paese d'origine), Germania, Svizzera e Alsazia, oltre ovviamente all'Alto Adige.

domenica 6 maggio 2012

ROSSO 2007 - Golfo dei Poeti I.G.T. - Santa Caterina

...un vino che sa soprattutto di vino e si riprende il suo ruolo “alimentare” di re della tavola… credo che un "vero" amante del vino non possa chiedere di più ad un produttore…


Metti sul tavolo due biglietti per la mostra di Van Gogh a Genova in scadenza il primo Maggio,  mettici anche il calendario e scopri che la festa dei lavoratori cade di martedì… il che significa “stop and go” di 4 giorni da sfruttare assolutamente. Inizio ad avere notturne visioni di farinate, focacce, trofie al pesto ed olive taggiasche… non mi resta che sfruttare il ponte per un giretto in Liguria. 

Un’occhiata alla cartina e la scelta ricade in zona Lunigiana. Paesaggisticamente parlando ho argomenti validi per convincere la Betta inizialmente orientata a ponente, il Golfo dei Poeti con le 5 Terre in rapida successione, pochi km a sud-est i monti della Garfagnana, un’oretta di autostrada verso sud e sono nella bellissima Lucca. Ok convinta. Io già penso alla viticoltura eroica delle 5 Terre, ai Colli di Luni e al mitico Sciacchetrà. Trovo rifugio nei dintorni di Sarzana, zona di confine tra la Liguria e la Toscana. Il tempo non sarà clemente e dopo una piacevole giornata di “svacco solare" nel piccolo borgo di Tellaro, saranno 3 giorni di acqua e clima autunnale. Per consolarci ci concediamo una cena a lume di candela presso la carinissima trattoria "dai Pironcelli" a Montemarcello e puntiamo sulla viticoltura locale. 

Se ti trovi a Sarzana e ti piace il vino bianco non puoi andartene senza esserti gustato il Vermentino dei colli di Luni, che possiamo definire “la specialità locale”, anche perché da queste parti i viticoltori con la V maiuscola non mancano. Memore della recente esperienza a “Vinnatur” punto deciso sulla cantina Santa Caterina. Proprio a villa Favorita avevo assaggiato tutti i suoi “ottimi” vini bianchi e adesso che sono qui circondato dal Vermentino scelgo “alternativamente” di provare un rosso. 

Sarebbe però riduttivo raccontarvi esclusivamente di questo Rosso Golfo dei Poeti I.G.T. 2007, voglio soprattutto scrivere di questa interessante realtà vitivinicola e del suo produttore, che gli appassionati di vini naturali ben conoscono... per tutti gli altri drizzate bene le orecchie, perché qui nascono vini da non perdere.

Come dicevo siamo a Sarzana in provincia di La Spezia, su una collina denominata Santa Caterina da cui deriva il nome della cantina di Andrea Kihlgren. Tutto nasce alla fine degli anni ottanta, grazie ai terreni ereditati dalla famiglia, un periodo non felicissimo per l'agricoltura locale, ma Andrea raccoglie la sfida, sceglie i terreni più adatti, reimpianta i vigneti e soprattutto decide di puntare su una viticoltura sostenibile e il più naturale possibile, che sappia valorizzare il territorio di appartenenza. Ovviamente si punta molto sul Vermentino, fiore all'occhiello di questa zona, ma anche al recupero di viti locali come l'Albarola e la Merla (il Canaiolo della zona), senza dimenticare altre uve meno autoctone ma che ben si adattano al territorio, come il Sauvignon e il Tocai per i bianchi, il Sangiovese, il Ciliegiolo e l'immancabile Merlot per i rossi. In totale 8 ettari vitati suddivisi in 5 poderi dalle caratteristiche differenti, dalle argille rosse della collina di Santa Caterina, ai più ciotolosi poderi Giuncàro e Ghiarètolo fino alla terrazza argillosa del podere Segalàra, che danno vita ad una produzione totale di circa 40.000 bottiglie annue. Una piccola cantina quindi, ma neanche tanto se consideriamo le dimensioni risicate delle aziende vitivinicole liguri e alla particolare morfologia del territorio.

Parlare di Santa Caterina significa soprattutto parlare di viticoltura "naturale". L'uomo che vive in simbiosi con la terra, che la accudisce, che la rispetta. Produrre vino con semplicità e naturalezza, senza ricette o la pretesa di creare un prodotto basato su un'idea pre-confezionata. La "cultura vitivinicola" accompagna il lavoro quotidiano, la semplicità delle azioni, l'essere consci che nulla é scritto e programmato, ma é tutto in divenire, da capire, da provare, da sperimentare. Un terroir che sa dare buoni frutti se assecondato e accompagnato con il buon senso che sicuramente ad Andrea non manca.

Da anni qui si lavora in biodinamica, con certificazione biologica. Sovescio e preparati biodinamici per la concimazione, inerbimento spontaneo, lieviti indigeni e trattamenti limitati all'utilizzo di rame e zolfo. Il vino buono si produce in vigna, quindi inutile manipolare eccessivamente l'uva in cantina. Nessun prodotto enologico utilizzato, solforosa ridotta al minimo e (Merlot a parte) tutti i vini vengono affinati esclusivamente in acciaio, con lo scopo di produrre vini freschi, bevibili, che sappiano esprimere il vigneto, il terroir, il clima. Vini unici e caratteriali nella loro semplicità. Metteteci anche il prezzo di vendita contenuto (tra le 10-12 euro), a dimostrare che il vino buono e ben fatto può essere anche alla portata di tutti.

Tornando al Rosso stappato, realizzato con un mix di uvaggi (Merlot, Sangiovese, Canaiolo e altri)... colorito rosso rubino intenso, risulta piuttosto concentrato, sia al naso che al palato. Un vino non particolarmente strutturato e complesso, ma piuttosto semplice, dove a farla da padrone è la grande godibilità e piacevolezza alla beva. Questo è il classico caso in cui mi scolo la bottiglia senza nemmeno accorgermene. Attenzione però... se state pensando ad un vinello leggero, giovane, fresco e sbarazzino siete fuori strada. Questo Rosso è un vino che sa essere anche “tecnico” se così si può dire, ma tutte le sue caratteristiche sono così ben amalgamate ed equilibrate, da fartelo amare dal primo all’ultimo sorso. Il classico vino che vorreste tutti i giorni sulla tavola senza stancarvi mai dai berlo. Un Rosso da "gustare" più che da "degustare". C’è una decisa ma mai invasiva vena alcolica (13%vol.), c’è un buon retrogusto dolciastro che ci obbliga a versarci un altro bicchiere, c'è un tannino morbido, quasi sottotraccia, c’è una leggera spinta acida che conferisce freschezza e dinamicità quanto basta. Ma soprattutto c’è un palato bello pieno e rotondo, polposo e croccante, sempre presente e “sul pezzo” per tutta la (breve) durata della bottiglia. Un vino sempre vivo, ben caratterizzato da sentori balsamici, salini, mediterranei. 

Non è un gran cru, ne un vino sofisticato, ma un eccellente vino quotidiano da gustare a tavola, bottiglia dopo bottiglia. Sicuramente da provare (come del resto tutti i vini di Santa Caterina, soprattutto i Vermentini), perché al di la dei gusti personali di ognuno, è un vino buono e ben fatto, un biodinamico dal prezzo contenuto, (siamo entro le 10euro) e dalla veste grafica bella e simpatica nella sua semplicità (tratta da un disegno della figlia di Andrea)… un vino che sa soprattutto di vino e si riprende il suo ruolo “alimentare” di re della tavola… credo che un "vero" amante del vino non possa chiedere di più ad un produttore… 

L’abbinamento gastronomico è obbligatoriamente ligure, coniglio al forno con olive taggiasche per il sottoscritto in abbinata a questo Golfo dei Poeti Rosso, se invece optate per il Vermentino, allora gustatelo fresco in riva al mare, con un variopinto borgo alle vostre spalle e un piattino di acciughe davanti.

Il Santa Caterina ha la capacità di restituirci sottoforma di bottiglia un angolo di Liguria, come solo i grandi cantautori della tradizione ligure riescono a fare.

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da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.