...Quasi una sfida tra il vignaiolo e la sua terra, ma in completa simbiosi e complicità, tanto da diventare elemento di vitale importanza per la salvaguardia del territorio, la sua valorizzazione culturale e ambientale.
E' operazione
assai difficile mettersi al pc e scrivere della viticoltura delle 5 Terre. E'
difficile perché risulta quasi impossibile descrivere attraverso le parole questo
angolo di Liguria e il duo scenario mozzafiato. Solo chi ha faticato su
e giù tra le vigne e i terrazzamenti di queste colline a picco sul mare, può
comprendere questi vini, capirne l'essenza, l'incredibile rapporto
tra territorio e uomo, la fatica e la gioia che una viticoltura eroica come
questa riesce a trasmettere.
C'è molto dietro ad una bottiglia delle 5 Terre, molto di più di una semplice degustazione o giudizio critico su quanto si é bevuto. Poco importa chi sia il produttore, se i personalissimi vini di Walter De Batté o le versioni più classiche prodotte dagli oltre 220 soci della coop. Cantina 5 Terre.
Dentro queste bottiglie ci sono storie (spesso straordinarie) di vignaioli e contadini che con sudore, fatica e amore per questo territorio, sono riusciti a realizzare qualcosa di unico al mondo. Terrazzamenti e muretti a secco lungo i pendii scoscesi che si perdono nel mare (sono talmente tanti che messi insieme raggiungono la lunghezza della muraglia cinese!), cremagliere e trenini, minuscole stradine (quando ci sono), strapiombi sul mare e ultimamente, la “sfiga” delle recente alluvione, che ha ulteriormente messo a dura prova la resistenza degli agricoltori… insomma lavoro duro e fatica vera, che viene ripagata dai frutti di tanto sacrificio e dalla bellezza dei luoghi in cui si ha la fortuna di vivere e lavorare. Quasi una sfida tra il vignaiolo e la sua terra, ma in completa simbiosi e complicità, tanto da diventare elemento di vitale importanza per la salvaguardia del territorio, la sua valorizzazione culturale e ambientale.
Emblematico é il ruolo della Cantina 5 Terre, una cooperativa di circa 300 coltivatori (non solo vignaioli) che insieme operano con l'obbiettivo di salvaguardare il territorio, valorizzarlo e raccoglierne i frutti. Sono circa 220 i viticoltori che singolarmente coltivano l'uva destinata alla realizzazione dei vini di questa cantina, per un totale di 170-180.000 bottiglie e 38 ettari di vigneti. Qui vengono prodotti tutte le tipologie di vino caratteristiche di questa zona, dal "leggendario" Sciacchetrà, al bianco D.O.C. composto da un mix di uve, fino ai 3 cru provenienti da 3 specifiche sottozone, ovvero il "Costa de Campu", il "Costa de Sera" e il "Costa da Posa". I vitigni coltivati e utilizzati per la realizzazione dei vini bianchi delle 5 Terre sono l'Albarola, il Vermentino e il Bosco, le cui percentuali di utilizzo possono variare a seconda della tipologia di vino da realizzare.
Il vino che vado a stappare é il bianco delle 5 Terre D.O.C., della Cantina 5 Terre, vendemmia 2011. Prodotto con uve Bosco (60%), Albarola (25%) e Vermentino (15%). Un vino giovane e di pronta beva, con fermentazione in bianco a temperatura controllata, breve sosta sui lieviti e affinamento in solo acciaio.
C'è molto dietro ad una bottiglia delle 5 Terre, molto di più di una semplice degustazione o giudizio critico su quanto si é bevuto. Poco importa chi sia il produttore, se i personalissimi vini di Walter De Batté o le versioni più classiche prodotte dagli oltre 220 soci della coop. Cantina 5 Terre.
Dentro queste bottiglie ci sono storie (spesso straordinarie) di vignaioli e contadini che con sudore, fatica e amore per questo territorio, sono riusciti a realizzare qualcosa di unico al mondo. Terrazzamenti e muretti a secco lungo i pendii scoscesi che si perdono nel mare (sono talmente tanti che messi insieme raggiungono la lunghezza della muraglia cinese!), cremagliere e trenini, minuscole stradine (quando ci sono), strapiombi sul mare e ultimamente, la “sfiga” delle recente alluvione, che ha ulteriormente messo a dura prova la resistenza degli agricoltori… insomma lavoro duro e fatica vera, che viene ripagata dai frutti di tanto sacrificio e dalla bellezza dei luoghi in cui si ha la fortuna di vivere e lavorare. Quasi una sfida tra il vignaiolo e la sua terra, ma in completa simbiosi e complicità, tanto da diventare elemento di vitale importanza per la salvaguardia del territorio, la sua valorizzazione culturale e ambientale.
Emblematico é il ruolo della Cantina 5 Terre, una cooperativa di circa 300 coltivatori (non solo vignaioli) che insieme operano con l'obbiettivo di salvaguardare il territorio, valorizzarlo e raccoglierne i frutti. Sono circa 220 i viticoltori che singolarmente coltivano l'uva destinata alla realizzazione dei vini di questa cantina, per un totale di 170-180.000 bottiglie e 38 ettari di vigneti. Qui vengono prodotti tutte le tipologie di vino caratteristiche di questa zona, dal "leggendario" Sciacchetrà, al bianco D.O.C. composto da un mix di uve, fino ai 3 cru provenienti da 3 specifiche sottozone, ovvero il "Costa de Campu", il "Costa de Sera" e il "Costa da Posa". I vitigni coltivati e utilizzati per la realizzazione dei vini bianchi delle 5 Terre sono l'Albarola, il Vermentino e il Bosco, le cui percentuali di utilizzo possono variare a seconda della tipologia di vino da realizzare.
Il vino che vado a stappare é il bianco delle 5 Terre D.O.C., della Cantina 5 Terre, vendemmia 2011. Prodotto con uve Bosco (60%), Albarola (25%) e Vermentino (15%). Un vino giovane e di pronta beva, con fermentazione in bianco a temperatura controllata, breve sosta sui lieviti e affinamento in solo acciaio.
Nel
bicchiere si presenta di un bel giallo paglierino brillante, fluido, dinamico e
pulito. Naso e beva sono in simbiosi, dove a spiccare è soprattutto una
piacevole sensazione di freschezza, un vino pulito ed equilibrato, tra
mineralità, sapidità e una piacevole sensazione dolciastra. Per chi come il
sottoscritto ama bianchi leggeri, beverini e non troppo strutturati, questo 5
Terre classico è un vino da non perdere, che potrebbe diventare uno dei
vostri "top player". Al naso dimostra buona persistenza e profumi decisi, pur mantenendo una piacevole delicatezza e freschezza. Spiccano soprattutto le note floreali, fiori di campo, camomilla, ginestra, ma anche il dolce del miele e lievi note agrumate. Al palato risulta secco e amabile, fresco e dinamico, beverino e semplice, sempre in costante equilibrio tra la mineralità e la dolcezza più rotonda e morbida delle note fruttate, con una lieve e mai invasiva vena alcolica (12.5%vol.). Rinfrescante e rilassante, mai faticoso o pesante, un vino da bere ad ampie sorsate nelle calde serate estive.
Gastronomicamente
l’ho bevuto in abbinata ad un branzino grigliato, e direi che ci stava dentro,
ma servito bello fresco in una calda serata estiva potete abbinarlo a tutto,
tanto è amabile e piacevole questo bianco. Pesce in primis (anche se escluderei
zuppe e pesci “grassi”), ma anche carni bianche, insalatoni estivi, formaggi
freschi o primi piatti leggeri, durante un aperitivo o magri come “dissetante-rinfrescante”
con le linguine pesto-patate-fagiolini.
Per gli amanti dei trasversali (quanto forse inutili) abbinamenti eno-musicali, consiglio qualcosa che sappia suonare fresco, estivo e scanzonato ma mai banale, fondamentalmente nu-jazz, contaminata da ritmiche latine e bossanova come solo Gerardo Frisina sa fare, magari durante un aperitivo con olive taggiasche e alici, mentre il sole tramonta sulla piazzetta che da sul porticciolo di Manarola. Detto così fa un po' fighetto e upper-class, ma per una volta possiamo fregarcene perché ci sta alla grande!.
Guardando le vigne dal terrazzino della mia camera a Corniglia vorrei fare un fragoroso applauso a tutte le persone che ogni mattina decidono di dedicare la loro energia a fare vino in queste terre! Non esiste voto vale solo la pena venire qui a godere di persona questo micromondo
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