domenica 30 dicembre 2012

ASINONE 2009 - Vino Nobile di Montepulciano "Selezione" D.O.C.G. - Poliziano

Un vino preciso e di grande equilibrio, moderno ed a mio avviso dal respiro esageratamente "internazionale", tanto é ruffiano con le sue note dolciastre e la sua tostatura da barriques. Il carattere da purosangue del Sangiovese é tenuto a bada...


Negli ultimi anni le bevute natalizie sono diventate l'occasione per assaggiare qualche grande classico made in Italy. Non sono proprio i vini che abitualmente acquisto e di cui vi scrivo, quelli per cui mi appassiono. Per me il Natale é diventato il momento dell'anno in cui so per certo, che mangerò qualche prelibatezza e berrò un grande vino. Solaia, Tignanello, Luce, Ornellaia, ma anche il Barolo di Elio Grasso, non avrebbero mai varcato questa porta, senza il buon gusto di mio suocero, forchetta raffinata, amante del buon bere e uomo da Gambero Rosso. Così quest'anno é calato sul tavolo della festa, l'Asinone di Poliziano, 2 ottime bottiglie annata 2009 tutte da gustare. 

Questa "grande" cantina che conta la bellezza di 120 ettari vitati e 600.000 bottiglie prodotte l'anno (compresi i 30 ettari della recente tenuta di Magliano, terra di Morellino), é riuscita nel corso degli anni, a diventare una delle più importanti realtà nell'ambito della D.O.C.G. del Nobile di Montepulciano. Grazie alla gestione di Federico Carletti, si é puntato sulla valorizzazione di questo cru, proveniente da un unico vigneto di 14 ettari, denominato Asinone per la sua forma a schiena d'asino. 

Il lavoro e la sperimentazione su questo vigneto e sulla fase di affinamento, hanno portato ottimi risultati, posizionando l'Asinone tra i grandi vini d'Italia. La ricerca della qualità sta anche nella scelta di puntare sul Prugnolo Gentile (Sangiovese) in purezza, salvo essere "allungato" con un 10% di Merlot e Colorino nelle annate meno "nobili", fino ad essere declassato a vino base, nelle annate qualitativamente non all'altezza. Quindi abbiamo a che fare con un grande Nobile, una selezione che da anni riceve i più importanti riconoscimenti dalla guide enologiche nostrane. Chi ama il Nobile di Montepulciano, conosce bene questa cantina e questo vino, che ne rappresentano una delle più importanti espressioni. Una realtà importante e moderna, capace di innovarsi e strizzare l'occhio ai mercati internazionali, pur mantenendo una importante connotazione territoriale. 

Questa é  Poliziano ottima é la sua selezione Asinone e molti altri suoi vini (Le stanze ad esempio) ma rimane un unico neo... era proprio necessario inserire quella variante Merlottiana per arrotondare il tutto? E ancora peggio, visto che il sign. Carletti oltre ad essere il cuore pulsante di Poliziano é anche il presidente del Consorzio del Vino Nobile, era necessario nella nuova disciplinare 2010, innalzare la quota di mixaggio del Sangiovese fino al 30%?. Come spesso accade, soprattutto in Toscana, i "potenti" del vino puntano sempre più sull'internazionalizzazione del prodotto, anziché salvaguardarne l'autenticità, come se il connubio Vino Nobile-Prugnolo Gentile fosse cosa secondaria e non fondamentale per rendere unico e inconfondibile questo vino. Ancora una volta si tende all'omologazione, per quella che é la più antica D.O.C.G. italiana, scelta che onestamente non condivido, in tempi dove si dovrebbe puntare sul "Sangiovese purosangue" e non su un "SuperNobile" senza identità.

Detto questo (senza volermi dilungare, ma credo che sia una "postilla" necessaria anche per capire questo Asinone), passiamo allo stappato. La vendemmia è manuale mentre la fermentazione avviene in tini di acciaio tronco-conici con frequenti follature e rimontaggi. L'affinamento é in barriques nuove per circa 16-18 mesi prima di affinare alcuni mesi in bottiglia. 

Nel bicchiere dimostra fin da subito una bella eleganza, é proprio un bel vino da vedere, un rosso rubino profondo e concentrato dalle sfumature porpora. Al naso si dimostra da subito elegante e complesso, un ventaglio offaltivo ricco, che riesce ad esprimere il carattere che un rosso importante deve avere, ma anche una certa eleganza e freschezza, senza vergognarsi di esprimere i lunghi mesi passati in barriques (non ne sono un amante, ma in questo caso le botti piccole sono usate molto bene).  Si parte con una morbida e calda sensazione di frutta nera e sottobosco, ribes, more, marasca, prugna, prima di virare verso note floreali e chiudere sui sentori di spezie, caffè, cuoio, vaniglia, tabacco. Davvero amabile, senza mai pungere, sempre pieno e rotondo, di grande pulizia. Al palato prosegue su questa strada, vino tecnicamente ineccepibile, caldo, corposo, avvolgente, tannini vellutati, beva pulita e fluida, finale non lunghissimo ma assai piacevole, che richiama le "polpose" note di frutta matura assaporate al palato. 

Un vino preciso e di grande equilibrio, moderno ed a mio avviso dal respiro esageratamente "internazionale", tanto é ruffiano con le sue note dolciastre e la sua tostatura da barriques (che ci sta alla grande ma fa molto "già sentito"). Il carattere da purosangue del Sangiovese é tenuto a bada e contribuisce alla grandezza di questo vino "solo" con un tocco di freschezza e mineralità, che consentono all'Asinone di mantenere un "territoriale" filo conduttore e una buona "scorrevolezza" alla beva, senza appesantirsi troppo come capita a certi Tuscan "americanizzati" (anche se un po' Tuscan wine lo é...). 

Che altro aggiungere? Questa é Poliziano e questo l'Asinone... che rappresenta a pieno l'azienda di Federico Carletti, una grande cantina e un grande vino, una identità territoriale definita, ma anche modernità e una tendenza ad un perfezionismo tecnico che da ottimi risultati qualitativi, ma un po' meno emotivi-caratteriali... e forse anche l'annata giovane non ha favorito la completa evoluzione del vino.

In due parole, se andate cercando il classico vino "eccellente" qui cascate bene, non posso negare di aver bevuto con grande piacere e apprezzamento questo Asinone, ma emotivamente non é riuscito a trascinarmi, forse per la mancanza di quel tocco di artigianalità e ruralità che le grosse aziende vitivinicole difficilmente riescono a trasmettere nei loro vini. Eppure con questa selezione, a Poliziano ci sono andati molto vicini, ma forse nei mercati esteri il Vino Nobile lo amano così e allora diventa necessario dare al Sangiovese quel tocco da SuperNobile a cui manca un po' di anima. 

Sicuramente grande, ma é esattamente il tipo di "grande" vino che ci si aspetta da una classica "grande" cantina Toscana, anche nel prezzo (circa 35euro in enoteca). Sangiovese con l'ammorbidente, ma rimane un ottimo vino! 

giovedì 27 dicembre 2012

GRIGIANO 2007 - Rosso Conero Riserva D.O.C.G. - Az. Agr. Villa Malacari


...un vino ottimo a cui però manca qualcosina (soprattutto in eleganza) per diventare grande. A suo favore la capacità di esprimere senza troppi compromessi il carattere dell'uva e del suo territorio.  


Ritorno virtualmente nelle Marche e più precisamente nella bellissima area del promontorio del Conero.  Ho scollinato da quelle parti un anno e mezzo fa circa e come vi avevo raccontato in una precedente recensione, ho fatto visita (e qualche acquisto) nella storica cantina Malacari, alle porte di Offagna, viticoltori dal 1668. Dopo aver stappato il loro Rosso Conero base e aver dimenticato in cantina il riserva, è arrivato il momento di assaggiare il loro Grigiano D.O.C.G. 

L ’Az. Agr. dei Conti Malacari Misturi di Grigiano é diretta da Alessandro Starrabba Malacari e attualmente vi si produce solo vino, con circa 19 ettari coltivati a uva Montepulciano. Nel corso degli anni l'azienda si é sempre più concentrata nella produzione di vini di qualità, puntando sul lavoro in vigna e il controllo di tutta la filiera produttiva, coltivando uve autoctone e valorizzando un terroir unico come quello del Conero. 

Il Grigiano 2007, é una selezione prodotta in 6500 bottiglie da uve Montepulciano in purezza, proveniente da un vigneto di 3,7 ettari, impiantato nel 1971 sulla collina di Grigiano (da qui il nome), che si trova proprio nel comune di Offagna. Un terreno a base di roccia calcarea, sabbie arenarie e argilla, con una resa di solo 30-40 ql/ha. La produzione di questo vino avviene in maniera tradizionale, con la raccolta manuale delle uve in ottobre, una fermentazione di 8-15 giorni con le bucce ed un invecchiamento di circa 18-24 mesi in botti di rovere nuove da 500L., a cui segue (senza alcuna filtrazione) un anno di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. 

Quello che vado a stappare è un vino “qualitativamente” e “organoletticamente” di ben altro spessore rispetto alla versione base, pur mantenendo il carattere “forte” e territoriale che contraddistingue i vini di Malacari. Nel bicchiere si presenta di un rosso rubino intenso e profondo, piuttosto denso e concentrato, impenetrabile, ma che nel contempo riesce a mantenere una bella eleganza. Come sempre l’esame visivo ci fa capire molte cose su quello che ci attenderà alla beva e al naso… e così sarà anche in questo caso… rilevandosi un vino tosto ma dalle interessanti sfumature. Sicuramente non manca d’intensità e persistenza, grazie anche ad una vena alcolica (14.5% vol.) che conferisce potenza ad un bouquet concentrato, come i sentori di frutta rossa matura che esprime (marasca e prugne), accompagnate da note legnose e tostate, ma anche menta, tabacco, pepe e sensazioni terrose. Una varietale articolata, a cui manca purtroppo un po’ di fragranza e slancio, poco aperta e sempre uguale dal primo all’ultimo bicchiere. Al palato conferma questa tendenza, un vino deciso, di struttura e corpo, pieno e caldo, piuttosto tannico ed austero, un po' astringente. Forse meritava ancora qualche mese in cantina. La sensazione di fondo é quella di un vino forte e tosto, ma che riesce anche a sfoggiare una buona dose di sensazioni gustative che lo rendono assai piacevole e bevibile. Manca un po' in dinamicità e freschezza, ma una buona dose di sapidità, favorisce la beva. Piace per la sua consistenza polposa e il suo retrogusto dolciastro, con sentori di frutta rossa matura e note di liquirizia e vaniglia, che vanno ad equilibrare l'austerità iniziale, regalandoci un finale lungo e piacevole.

Complessivamente una bevuta più che valida, anche se rimane la sensazione di un vino ottimo a cui però manca qualcosina (soprattutto in eleganza) per diventare grande. A suo favore la capacità di esprimere senza troppi compromessi il carattere dell'uva e del suo territorio. 

Acquistato direttamente in cantina per 17 euro circa (non pochissime, visto che è all’incirca lo stesso prezzo con cui veniva venduto in enoteca un paio di anni fa... e qui si potrebbe riaprire la tanto discussa questione del prezzo sorgente… di cui sono sostenitore), oggi si aggira sulla ventina, ma consideratelo un investimento, é un vino di struttura e non si offende se dimenticato in cantina. Lasciare svinare almeno un'oretta e accompagnatelo a piatti di cacciagione, stufati o formaggi saporiti. 

Per gli amanti dell'abbinamento musica-vino vi propongo un'accoppiata regionale tra il Grigiano e i pesaresi Soviet Soviet. Ok, i ragazzi di marchigiano non hanno nulla e direi che hanno anche ben poco da spartire con i conti Malacari, ma il loro post-punk é maledettamente teso e sferzante, in grado di piazzare un pezzo come Lokomotiv, che sembra direttamente forgiato in un'acciaieria dell'est europeo. C'è qualcuno a Pesaro, che sembra aver sottoscritto il patto di Varsavia. Difficile pensare (ed ascoltare) i Soviet Soviet davanti ad un bicchiere di Grigiano, ma come il Rosso Conero sanno essere intensi, tesi, austeri e persistenti (andate a vederli live se vi capita!)... ma in fondo con i loro richiami new wave, sanno anche emozionare... entrambi due espressioni marchigiane dal grande potenziale.

venerdì 21 dicembre 2012

I 10 REGALI DI NATALE CHE UN WINE LOVER NON VORREBBE MAI RICEVERE


Già che é Natale e si sente il profumo di "agognate ferie", ecco un post leggero e ricco di disimpegno... una piccola lista di regali che mi piacerebbe NON vedere sotto l'albero a Natale. 

Essere dichiaratamente eno-strippato e manifestarlo al mondo attraverso un blog, comporta durante le ricorrenze e le feste comandate, l'omaggio di parenti e amici, con qualsiasi cosa abbia a che fare con il vino... Adesso che il santissimo Natale é alle porte dobbiamo prepararci ad una potenziale e sostanziosa batteria di eno-regali in arrivo. Il che in fondo non dispiace... ogni appassionato é felice di riceverli... soprattutto se chi te li fa, ha capito il tuo "stile" e ti omaggia con regali "centrati" come una bottiglia di Barolo "Bartolo Mascarello" o il bel libro di Nossiter "Le vie del Vino" (giusto per citare un paio di eno-regali che ho ricevuto con grande piacere in questi anni...). Però, come anche Studio Aperto ci ricorda con un servizio che merita l'apertura del tg, ci sono un sacco di regali poco graditi o ancora peggio che scadono nel trash e ammazzano ogni forma di buongusto... Ho provato quindi a stilare una lista dei regali che da amante del vino non vorrei mai ricevere. Ah, sia ben chiaro... non ho scritto questo post per voi lettori, ma solo per mettere in guardia parenti e amici... in ordine puramente casuale...

- LA POMPETTA. Ammetto, ne ho una manuale (regalatami a Natale ovviamente), di quelle che ti devi fare i muscoli per pompare fuori l'aria dalla bottiglia. Come mi ha giustamente fatto notare Elisabetta Dalzocchio mentre si chiaccherava in quel di Fornovo, le pompette per il "bicchiere del giorno dopo" sono un oggetto odioso, anzi mi ha consigliato di ritappare le bottiglie utilizzando il proprio tappo. Se il vino é "valido" può solo migliorare... e secondo lei il suo Pinot Nero il giorno dopo sarà ancora più buono (farò sapere quando lo stappo...), sempre in continua evoluzione... Chiaro il concetto? E allora al primo posto ci metto la pompetta anti-ossidazione digitale. La "digitalizzazione" ha già invaso le nostre vite... che almeno il vino mantenga la sua tradizionalità. E poi quando si beve "bene" che senso ha "mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche del vino aperto" se questo evolve in meglio?

- IL SALVAGOCCIA D'ARGENTO. Avete presente quell'anello metallico da infilare nel collo della bottiglia per evitare di "sbrodolare"? Ecco per fare un regalo "prestigioso" c'è chi pensa di omaggiarti con un salvagoccia in argento (che vale più o meno quanto la penna stilografica "stilosa" che ti regalano quando ti laurei)...  Vedere la "rossa" goccia di vino scendere lentamente sull'etichetta bianca dandogli un impagabile tocco di "vissuto" a me esalta....

- STABILIZZATORE TERMICO. Ok signor sommelier, hai ragione, la temperatura di servizio del vino ha la sua importanza... ma per l'amor del cielo perché devo imbarazzarmi ogni volta che devo riempire il bicchiere e mi trovo di fronte lo stabilizzatore termico? Voglio dire, qualche metodo tradizionale come mettere il vino fuori dalla finestra d'inverno o una semplice ed economica ice-bag non può bastare? Che me ne faccio di uno stabilizzatore futurista tipo quello di Wice? Forse l'oggetto più kitsch che si può mettere sulla tavola...

- IL CAVATAPPI ELETTRICO. Forse questo é il peggio del lotto. Spendere 35-40 euro per un levatappi elettrico ricaricabile. Io con quei soldi mi sono comprato una bottiglia di quelle buone e me la stappo con il mio super cavatappi classico avuto in regalo al Nebbiolo Grapes, senza spendere nemmeno un euro. E poi diciamolo... lo sforzo, la tecnica, l'attenzione che ci mettiamo quando stappiamo una bottiglia, vedere il tappo che sale lentamente, annusarlo e poi dare una sniffatina al collo delle bottiglia... non é forse il rito più importante per ogni "consumatore" di vino? Come dice quella pubblicità? Ah si ecco... "l'attesa del piacere, non é essa stessa il piacere?" Vero... e allora stappare "manualmente" la bottiglia é una goduria.. mentre ci pregustiamo con un gesto il prezioso nettare, che da li a poco ci gusteremo.

- L'ENORANDUM. Molto più semplicemente, una specie di agenta dove incollare l'etichetta (se ti sei armato di ENOLABEL x staccarle tutte intere) e segnarvi gli appunti di degustazione. Fondamentalmente é il "meno peggio" che ti possa capitare... ma ragazzi sono un wine-blogger... etichette e considerazioni volano libere per la rete ad uso-consumo-abuso di tutti voi che avete la pazienza di leggere questo blog. E poi le bottiglie che mi più mi piacciono amo conservarle intere... vuote ma intere...

- BALL POURER SATIN. Ma come non lo conoscete? Questo é un tappo magico che fa di tutto grazie ad una semplice sfera di acciaio presente al suo interno. Eccovi i miracoli di questo tappo polifunzionale che può essere vostro per un paio di deca: 1° - Funzione di decantazione: grazie alla biglia in acciaio all'interno di “Ball Pourer” si ottiene una perfetta areazione del vino mentre lo si versa (ho stappato il mio rosso un' oretta fa... é proprio necessario arearlo anche mentre lo verso?). 2° - Funzione di salvagoccia: “Ball Pourer” non permette ad alcuna goccia di vino di cadere dalla bottiglia e sporcare la tovaglia (Le mie tovaglie, sfoggiano "storiche" macchie di vino... come un guerriero ne vado fiero... sono il simbolo di appassionate bevuta in compagnia). 3°- Funzione tappo versatore: grazie alle sue forme ed alla biglia in acciaio “Ball Pourer” permette di versare il vino in modo costante e controllato (credo sia proprio una funzione fondamentale per assaporare un vino... costanza nella mescita e self control... ma per piacere...). 4° - Funzione tappo: attraverso le sue lamelle in gomma “Ball Pourer” chiude ermeticamente le bottiglie già aperte (Essendo un tappo... con tutti i miracoli che fa, vuoi che non ci sia la funzione tappo?). 5° - Funzione di chiusura automatica: Tramite un semplice gesto rotatorio del polso e grazie alla biglia d'acciaio al suo interno  “Ball Pourer” permette di interrompere il flusso di vino mentre lo si versa (ehi, ma cosa fai quel gioco di polso biricchio? Non fermare il flusso carogna... e versa giù senza paura..).

- SET PER SOMMELIER IN PITONE. Va bene che tu, sign. sommelier, ufficialmente vesti in "divisa" e assaggi i vini da quella specie di scodellina dorata che porti appesa al collo, ma che minchia te ne fai di una costosa scatola "pitonata" contenente alcuni degli inutili aggeggi che ho descritto sopra? Devi forse stappare le bottiglie alle cene di Arcore? Troppo "upper class"... é molto più trendy una massaia mentre svita il Tavernello per imbiondire il risotto, che il nostrano Brambilla fonato, mentre estrae il cofanetto pitonato per stappare l' Ornellaia appena acquistato in centro.

-  LA GUIDA VINI DI BIBENDA. State pensando che sono il solito wine-blogger, che per tirare l'acqua al suo mulino, deve ricordare al mondo che le annuali "guide ai vini" sono ormai obsolete e sorpassate a sinistra dal web. Un po' é vero... però una guida é sempre una guida, hai tutto li "sintetizzato" nelle tue mani e la carta ha sempre un fascino particolare che lo schermo di un pc, mai potrà avere. Il problema non é legato tanto alla guida in se, ma nel saper scegliere... perché ci sono guide e guide... e allora se proprio avete pensato di andare in libreria a prendermi una guida, potete evitare di tediarmi con frasi tipo "Un vertice olfattivo tanto viticolo quanto enologico esecutivo" del "king" Luca Maroni? Bibenda no dai ragazzi... però a pensarci bene... mi piace leggere quando abbasso la tavoletta del water... mmm... potrebbe rilevarsi meno inutile di quanto pensassi... 

- SCIABOLA CHAMPAGNE. Sappiamo tutti di cosa si tratta... se mentre vostra moglie serve panettone e mascarpone, vuoi intrattenete gli ospiti stappando una boccia di Krug con un fulmineo colpo di sciabola fate proprio un figurone... roba da far scattare l'applauso. Io non l'ho mai fatto e non mi interessa nemmeno provarci... voglio dire, uno si dovrà pur allenare o pensate di poterci riuscire al primo colpo? Allora se sommiamo il costo dello spadone (credo dalle 100 euro in su), il costo delle bottiglie di champagne "accidentalmente" ammazzate per un colpo mal assestato, i danni a "cose e persone" dopo che avete "innaffiato" muri, divani e amici... siete ancora sicuri che per 30 secondi di gloria valga la pena correre questo rischio?. Io non voglio prendermi certe responsabilità... preferisco l'italico botto con tappo volante.

- BAULETTO PORTABOTTIGLIE CON SET POKER. Voglio essere breve. Ma che abbinata é? Cosa me ne faccio di carte e fiches da poker in uno scompartimento, mentre nell'altro ho dentro due bottiglie di Barbera? Aspetto che vi inventiate il bauletto con il set di "fiorentine" incorporato, quelle si che ci stanno bene con un paio di bottiglie di Chianti... ma il set da poker... forse se sei un imprenditore tipo Briatore e vuoi sentirti al top...e vivere un soooogno...

Questi mi son venuti in mente (ci sarebbe anche il set degustazione 2 bicchieri più decanter colorato...), a voi l'onore di proseguire la lista con altri eno-regali insopportabili.... Dimenticavo, che nessuno degli eventuali possessori o costruttori di questi oggetti si senta offeso... ognuno scelga di vivere il vino come meglio crede... (se invece siete curiosi cercateli su internet e iniziate a sperare che nessuno ve li regali!). 

Per quanto mi riguarda siete avvisati... se non sapete cosa regalarmi a Natale fa niente, almeno adesso sapete cosa NON regalarmi.... buon Natale a tutti e incrociamo le dita... chissà cosa ci sarà dentro quei pacchetti "impacchettati" sotto l'albero...

giovedì 20 dicembre 2012

TESTA DI FUOCO 2004 - Monferrato D.O.C. - Cascina Brichetto

...cosa aspettarsi da un Barbera mixato a Merlot? Esattamente la cosa più semplice che ci si può aspettare… un vino che per caratteristiche, ricorda un po’ il Barbera e un po’ il Merlot… 


Concluso alla (stra)grande, il trittico di bottiglie per il nostro Natale a base di vini biodinamici (Sophia/Montecucco Sangiovese/Moscato Passito al Governo diSaracena), ritorno molto “easy” su un vino più classico e meno "particolare", un "rustico" (e probabilmente anche poco conosciuto) produttore del Monferrato (diciamo di quelli che trovate più alle fiere di paese in giro per il Piemonte, che alle fiere vitivinicole)… 

Ed infatti è proprio alla fiera del tartufo di Moncalvo che entro nuovamente in contatto con Cascina Brichetto. Delle decine di produttori monferrini, sempre presenti a questa bella fiera eno-gastronomica, avevo giù avuto modo di acquistare/assaggiare/raccontarvi della Barbera d'Asti Sup. di Cabiale Roberto, ma anche quella di Massimo Marengo insieme al suo Ruchè… e qualche anno fa anche del Grignolino di Brichetto… quest’anno, dopo aver assaggiato tutti i loro vini alla fiera, ho deciso di acquistare il loro vino più costoso e che più si adatta a lunghi invecchiamenti tanto da essere l'unico vino che ancora porta la vecchia (e molto più bella delle attuali) etichette. 

Era il minimo che potessi fare per ringraziare l’esaustiva spiegazione dei vini e i ripetuti inviti per un giro in cantina… nonostante fossi con amici e quindi con un buon numero di richieste di assaggi (a differenza di altri produttori presenti alla fiera, che ci guardavano male solo perché eravamo in gruppo... se ve la menate a farci assaggiare i vostri vini evitate di allestire il banco assaggi alle fiere!!). Ancora una volta il rapporto umano instauratosi tra produttore e consumatore si è dimostrato un punto cardine nella degustazione (e nel successivo acquisto) di vini ai banchi d’assaggio. 

Il vino in questione porta un nome piuttosto particolare, ovvero Testa di Fuoco (che é il nome del trattore anni '40 rappresentato in etichetta) e si tratta di un blend tra Barbera 85% e Merlot 15%, affinato in barrques, con un invecchiamento minimo di 3 anni. La cantina in questione é Cascina Brichetto di Francesco Bersano, famiglia di vignaioli "tradizionali" dal 1923 in quel di Portocomaro. 

Se Grignolino e Barbera assaggiati poco più di un anno fa si erano fatti apprezzare per la loro approccio piuttosto rustico e senza compromessi, il Testa di Fuoco si traveste da "vino importante", perdendo un po' di tipicità monferrina a favore di un taglio merlottiano più o meno condivisibile. La disciplinare del Monferrato D.O.C. é molto "libertina" in merito... e allora cosa aspettarsi da un Barbera mixato a Merlot? Esattamente la cosa più semplice che ci si può aspettare… un vino che per caratteristiche, ricorda un po’ il Barbera e un po’ il Merlot… 

Rosso rubino intenso con unghia granato,  piuttosto concentrato. Naso timido ma piacevole, leggermente vinoso lascia presto spazio a sentori più dolciastri di frutta rossa matura. Ha una buona persistenza, risultando lungo, caldo e piacevole, ma é come se mancasse un po' di nerbo e di intensità, come se il Merlot, avesse placato il carattere più "rustico" della Barbera. Anche al palato si fa apprezzare, caldo, pieno, di buon corpo, ma senza entusiasmare un granchè. E' un vino ben impostato e piacevole, che dimostra anche in questo caso, le caratteristiche dei due vitigni impiegati... una discreta acidità che alleggerisce il tutto e facilità la beva da una parte, un palato più "cicciotto" dall'altra, con retrogusto dolciastro e sensazioni "polpose". 

Senza infamia ne lode, per un vino che non entusiasma ma ben si comporta su una tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi. Il vino vale il prezzo d'acquisto fino all'ultimo centesimo (10euro), ma nulla di più... se andate cercando l'affare del secolo cascate male, se invece sapete più o meno cosa aspettarvi e cosa pretendere da un bottiglia su questa fascia di prezzo, allora sarà comunque una piacevole bevuta. Se fossi Slow Food potrei consigliarvelo come "vino quotidiano". 

Devo comunque ammettere, che essendo questo il vino più importante e da invecchiamento di Brichetto (e forse anche per il suo nome Testa di Fuoco..), mi aspettavo qualcosa in più sul piano della complessità e della potenza. Tornando ai miei soliti paragoni eno-musicali (che non faccio da un po'...) immaginate un gruppo che sfodera un'intro da "paura" e poi quando salgono sul palco sfoderano un pezzo moscio e con poco volume... ecco se vuoi il rock'n'roll devi spaccare... altrimenti suona dell'altro... ma in tal caso devi puntare sul pathos e l'eleganza per essere un vero figo... ma la finezza non abita qui... 

Non me ne voglia il buon Francesco Bersano, il vino é buono e ci sta, forse é il più complesso e pensato tra i vini da lui proposti, ma da vero uomo di vigna i risultati più convincenti li ottiene con i più rustici e sferzanti uvaggi del Monferrato come il Grignolino e la Barbera d'Asti, sicuramente meno "amabili e piacevoli" ma molto più caratteristici e tipici. 

I complimenti a Cascina Brichetto per la sua gamma di vini "tradizionali" e senza compromessi. Ci vediamo a Moncalvo!!

lunedì 17 dicembre 2012

MOSCATO PASSITO AL GOVERNO DI SARACENA 2006 - Calabria I.G.T. - Feudo dei SanSeverino

...E' come ritornare nel souk di Fes, dal colore al naso tutto rimanda a suggestioni marocchine, tra i mercati e i negozi ricchi di fascino islamico e profumi orientali.


L'ultimo stappato del nostro Natale biodinamico, non poteva non essere un vino da dolce. Inutile girarci in torno, quando si parla di vino da "festa" si pensa subito alle bollicine, soprattutto se la festa in questione é quella di Natale o meglio ancora di Capodanno. Panettone e spumante é un classico che più eno-classico di così si muore. 

Allora visto che con la nostra proposta (SimodiVino+Avionblu) abbiamo cercato di consigliarvi qualche vino non "semplicemente" biodinamico, ma anche originale e ricercato, abbiamo scelto, per il vino più importante del pranzo di Natale, una bottiglia di grande livello, ovvero il Moscato Passito al Governo di Saracena, un puntino nel panorama vitivinicolo Italiano, ma di indiscutibile valore e tradizione. Lo conoscete? Io personalmente é la prima volta che lo assaggio e voglio ringraziare Andrea di Avionblu per avermi permesso di scoprire questa chicca, questa perla della viticoltura calabrese, molto spesso poco considerata, ma che in alcune eccezioni, come in questo caso, dimostra di avere tante cose da dire e tante storie da raccontare. 

Adesso provo a spiegarvi perché questo Moscato passito é un piccolo tesoro da custodire. Per prima cosa la zona di produzione, delimitata al comune di Saracena, piccolo comune alle pendici del monte Pollino. Produzione limitata a poche migliaia di bottiglie e numero di produttori che si contano su una mano, vigne autoctone e soprattutto il protrarsi di una millenaria ricetta per la produzione di questo moscato, con la sua particolare bollitura, tanto da guadagnarsi la nomina di "presidio Slowfood" (uno dei pochi vini ad averla ottenuta) e il riconoscimento ufficiale dalla Regione, quale bene culturale immateriale della Calabria. 

Il vino che vado a gustarmi é quello del Feudo dei Sanseverino, piccola cantina di Saracena con circa 5 ettari vitati certificati a biologico. Oltre al loro decantato Moscato Passito al Governo di Saracena (circa 6000 bottiglie e prezzo in enoteca sulle 25 euro per 0.375L.), viene prodotto anche il Mastro Terenzio, sempre moscato, il rosso Donna Marianna (Lacrima Nera, Malvasia e Guarnaccia) e il Lacrima Nera, che come dice il nome é prodotto da uve Lacrima Nera in purezza. Roberto e Maurizio Bisconte del Feudo ci spiegano la tradizionale e antica ricetta che da vita a questo gioiello della viticoltura calabrese...

<Il Moscato di Saracena, presidio Slow Food, affonda le sue radici nella storia millenaria della Magna Grecia e del Medio Oriente, è sopravvissuto grazie alla comunicazione verbale e alle tradizioni familiari. La vinificazione soffice di Guarnaccia e Malvasia si accompagna e concilia con il Moscato di Saracena che viene raccolto anzitempo e lasciato appassire con premura e pazienza, per conferire quei tratti di colore, aroma e gusto che lo rendono unico. La sua vinificazione è un procedimento antico, realizzato interamente a mano, facendo bollire il mosto di primo fiore e schiumandolo per ridurlo di un terzo, aggiungendo poi al mosto cotto degli acini appassiti di uva Moscato nella proporzione di 15-20 kg/q.; dopo 24 ore per agevolarne la fermentazione si colma la botte con un secchio di mosto crudo>. ROBERTO E MAURIZIO BISCONTE.

Alla fine ci vorranno 5 anni e vari passaggi in botte prima di averlo sulla nostra tavola.
Insomma un vino antico che oggi si sta cercando di valorizzare e portare all'attenzione degli appassionati, ma con i piedi ben saldi in oltre 1000 anni di storia. Siccome le premesse per una beva indimenticabile ci sono tutte, decido di affiancare al Moscato Passito al Governo di Saracena i "Dolci Morsi di Nebbiolo" delle Cantine Conti, prodotti dalle sapienti mani del fornaio anarchico Daniele Marziali, anche questa una piccola chicca gastronomica per pochi fortunati, ma decisamente degna compagna di viaggio per questo vino da dolce.  

Andiamo a scoprire questo tesoro nascosto... nel bicchiere si presenta con un colorito ambrato intenso e brillante, molto elegante alla vista e piuttosto fluido, considerando che si tratta di un vino passito. Appena accosto il naso al bicchiere, mi si apre un mondo. E' questo il suo punto forte, una varietale incredibilmente ricca di fascino, che regala sensazione e suggestioni davvero uniche. Volendo usare un termine più "tecnico" e meno "passionale" possiamo "semplicemente" definirlo "complesso". Grande evoluzione nel bicchiere, inizialmente attacca pungente, con accentuato sentore alcolico (14%vol.), che ricorda quello di alcuni vini liquorosi. Spinta alcolica che si manterrà viva e presente per tutta la degustazione. Poi il vino si apre, e la degustazione si trasfoma in un viaggio senza ritorno nel souk di Fes... dal colore al naso tutto rimanda a suggestioni marocchine, tra i mercati e i negozi, ricchi di fascino islamico e profumi orientali. Ok, siamo in Calabria, ma ad ogni "sniffata" la mente fugge dall'altra parte del Mediterraneo... tra l'amarognolo degli agrumi e il dolciastro dei datteri, tra le spezie orientali e "frizzanti" accenni pepati, miele e caramello, frutta secca tostata, mandorle e cannella. Emozionante. Alla beva risulta caldo, morbido e avvolgente, che, grazie ad una buona tensione alcolica ed una bella sapidità, si mantiene sempre vivo, fine e persistente, senza cali di tensione o scadere in stucchevoli sensazioni zuccherose. Il lungo finale, richiama le note olfattive e accompagna la mente verso mete lontane. Mai come in questo caso, l'abusato termine di "vino da meditazione" calza a pennello. 

Un vino unico e raro, che merita di essere provato almeno una volta nella vita... Premi, titoli, medaglie e riconoscimenti sono più che meritati, per un vino che nella sua "perfezione casereccia" riesce ad entusiasmare. Per gli appassionati dei vini "che parlano" una chicca imperdibile... qui c'è tutto quello che andate cercando... storia, cultura e saperi di un territorio unico che ha vinto la sua personale battaglia contro l'omologazione. Si sta cercando di valorizzarlo e di utilizzarlo anche come "attrazione" per gli eno-turisti... con l'obbiettivo di ridare slancio ad un territorio che economicamente punta molto sulle sue specialità eno-gastronomiche... Ma a me, adesso che l'ho scoperto, e l'ho fatto mio, mi piace così com'è... piccolo e sconosciuto, un tesoro da custodire lontano dall' eno-circuito degli eno-appassionati fighetti, un vino e una tradizione che si tramanda nei gesti quotidiani delle piccole cantine di Saracena.

Abbinatelo a della pasticceria secca, magari un panforte o un panpepato se volete servirlo a termine del vostro pranzo di Natale. Se invece avete solo il panettone... beh fregatevene e stappate ugualmente questo moscato di Saracena... peccato solo che la mezza-bottiglia finisce velocemente e tutti i compagni di tavolata pretenderanno un sorso aggiuntivo.

Quindi affanc... anche la tavolata... questa é una chicca da coccolare, un regalo di Natale che dovreste fare a voi stessi... se é vero che il vino deve essere piacere e condivisione, in questo caso concedetevi un po' di sano egoismo... prendetevi la vostra bottiglietta, un dolce secco da accompagnamento, un buon libro, la giusta scorta di legna per il caminetto e... buon viaggio...

venerdì 14 dicembre 2012

ASIJ 2004 - Barbaresco D.O.C.G. - Ceretto

...Pensate ad un film hoolywoodiano di un regista di successo, che se ne esce con un vero film e non con il solito "panettone" per i botteghini. Rimane il "taglio" da multisala, ma sarebbe apprezzato anche in un cinema d'essai.


Quando si ha a che fare con una cantina grande e blasonata inevitabilmente prima o poi ti ritrovi una bottiglia sul tavolo, qualche amico si presenterà a cena con la rinomata bottiglia consigliata dal solito “originalissimo” enotecaro di città. E così mentre vi racconto di piccoli produttori, bottiglie biodinamiche, vignerons e qualche pezzo forte, ogni tanto mi capita di bere e scrivere di vini “commercialmente “ più conosciuti. Ma a differenza di altri blog che hanno optato per una linea stilistica ben precisa (c’è chi scrive solo di piccoli produttori, chi parla solo dei grandi vini, chi solo dei vini naturali ecc…), la mia unica filosofia e scrivere ciò che bevo, poco importa se sei un mostro sacro, un “garagista” o un produttore da autogrill. Io bevo, assaggio e poi esprimo il mio pensiero in merito. Non sarà originale raccontare dei vini di Antinori e Banfi, sicuramente molto poco “artigianali”, di certo non vado a comprarmeli, ma se capita di berli credo sia giusto raccontare anche di questi vini, come di quelli da poche euro che a volte troviamo a “scaffalate” nei supermercati. 

E così oggi tocca ad un grande (nei numeri, ma non solo) produttore langarolo come Ceretto. Lo conoscete tutti, certo, perché è un’istituzione dell’eno-gastronomia di Alba e dintorni. Più di una volta mi sono permesso qualche critica nei confronti della scelta “futurista” di Ceretto, amo l’artigianalità e il vignaiolo, amo langaroli come Mascarello, Cappellano, Giacomo Conterno, Rinaldi ed ogni volta che vedo il moderno Acino panoramico della tenuta Monsordo Bernardina, mi prende un colpo al cuore, per molti sarà una superfigata, ma non per quanto mi riguarda non è proprio l’idea di Langa che porto nel cuore.  

Ceretto ad Alba é una istituzione, che può vantare storia e numeri importanti, con circa 90 ettari vitati e oltre 900.000 bottiglie commercializzate, ma anche per gli investimenti fatti nel realizzare, a partire dagli anni 60, le tre cantine indipendenti a Castiglione Falleto (per la produzione dei cru di Barolo), a Barbaresco (dove ovviamente si produce l'omonimo vino) e a Santo Stefano Belbo (Moscato), per un totale di 160 ettari di proprietà. Numeri imponenti da vera e propria industria del vino, con lo sguardo rivolto al futuro, al brand, alla modernità, ma mantenendo una linea qualitativa piuttosto importante, con i quattro nuclei produttivi distinti, mantenendo la gestione aziendale all'interno della famiglia, partendo da Riccardo Ceretto fino ai suoi nipoti che attualmente curano l'aspetto gestionale dell'azienda. E non é finita qui... metteteci anche che Ceretto fa da importatore per alcune importanti cantine straniere, si occupa di gastronomia con la produzione di nocciole, torrone, gelati ecc... (Relanghe), formaggi e cioccolato, oltre ad essere proprietario del super stellato ristorante "Piazza Duomo" nel cuore di Alba. Tutto nel segno della tipicità eno-gastronomica langarola, che Ceretto a contribuito ad esportare in tutto il mondo.  

Inevitabilmente quando si parla di produttori di questo calibro, si rimane sempre un po' sul "chi va la", quasi dubbiosi sulla possibilità che una azienda così grande possa produrre vini "veri" e "autentici", nel leggere al fianco di termini come cantina, terroir, tradizione, cultura ecc... altri come azienda, marketing, brand, design... quando alle immagini della piccola ed essenziale cantina casalinga del vignerons devi accostare opere architettoniche come l'Acino o il Cubo di vetro, tanto tecnologiche quanto prive di armonia e romanticimso con il paesaggio langarolo... (almeno a mio gusto e per quanto sia paesaggisticamente emozionante la vista dall'acino), quando al fianco dei nomi dei proprietari trovi parole come gestionale, commerciali, addetto alla comunicazione, addetto marketing, come una qualsiasi azienda di ricchi industriali. Non é una critica a Ceretto la mia, così funzionano le grandi cantine che muovono grandi volumi e vogliono guadagnarsi una fetta importante del mercato enologico. Questo non significa produrre vini di basso profilo, che puntano più sulla "quantità" che sulla "qualità"... quando si può pagare il miglior enologo e consulente si fanno anche i grandi vini da decantare sulle guide. Sta poi a noi consumatori scegliere... chiamatela scelta politica se volete... dipende da cosa cercate in una bottiglia di vino... dipende da come preferiti investire i vostri soldi. 

A me la bottiglia é stata regalata, un bel regalo, c'è il nome famoso, la D.O.C.G. prestigiosa, la veste grafica elegante... insomma il tipico vino che può consigliarvi un classico e poco fantasioso enotecaro di città... (di cui ho già scritto in passato). Quindi ecco il nostro Asij 2004... ovviamente Nebbiolo al 100%, attraverso l'assemblaggio delle uve provenienti dai vari cru, fermentazione e macerazione in vasche d'acciaio, poi due anni di legno, uno in tonneaux e uno in botti da 25hl. Costo in enoteca intorno alle 30 euro.  

Rosso rubino scarico con unghia granata, piuttosto concentrato ed impenetrabile, leggermente velato. Al naso è intenso e vinoso ma senza esagerare, sale lento ed omogeneo, piuttosto chiuso, con una spinta alcolica che si fa sentire (13.5%vol). ma senza prendere mai il soppravvento. E’ un bouquet interessante che sa esprimere un ventaglio olfattivo piuttosto variegato, le note di frutti a bacca rossa rimangono sottotraccia, lasciando soprattutto spazio a sentori di legno, cuoio, terra, tabacco, noce moscata… e più eleganti note floreali (viola). Al palato da il suo meglio, dimostrandosi da subito vino importante e di struttura. Secco e caldo, sapido e dal tannino importante ma ben equilibrato, grazie anche ad una buona acida che ne favorisce la beva, pur rimanendo un po' sulle sue.

Gli è mancata invece un po’ di esuberanza, un po’ di croccantezza e succosità, non sono certo caratteristiche tipiche di un Barbaresco, ma un po’ per gusto personale, mi è sembrato un vino piuttosto “sulle gambe”, non so se possa dipendere dall’annata (anche se quella del 2004 è stata una buona annata), ma è un vino che pur avendo tutte le caratteristiche che si possono chiedere e pretendere da un sign. Nebbiolo, non ha quella “esplosività” che ti colpisce al primo sorso, ne tanto meno quella eleganza e raffinatezza di un vino che va in crescendo ed evoluzione sorso dopo sorso. 

Devo però ammettere che mi aspettavo un Barbaresco tecnicamente ineccepibile, di facile presa e dal respiro internazionale. Diciamo il classico “vino piacione” come spesso capita quando si bevono vini importanti di produttori piuttosto grossi e affermati sul mercato, che muovono grandi volumi e conseguentemente, cercano di proporre vini che riescono ad incontrare il gusto del maggior numero di consumatori possibili, in ogni parte del mondo. Questo Asij con i suoi pregi e difetti riesce comunque ad essere una interessante espressione dell vitigno, senza risultare mai scontato o banale, pur senza acuti.

Nel complesso vino ok, ma le attese erano decisamente più alte. A parità di prezzo ho preferito il Sorì Burdin di Fontanabianca, più austero e più complesso.   

Pensate ad un film hollywoodiano di un regista di successo, che se ne esce con un vero film e non con il solito "panettone" per i botteghini. Rimane il "taglio" da multisala, ma sarebbe apprezzato anche in un cinema d'essai.

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ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

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da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.