venerdì 26 luglio 2013

ST. MAGDALENER CLASSICO 2012 - Südtirol D.O.C. - Griesbauerhof

...Il punto di forza di questo vino sta proprio nella sua capacità di essere espressione di un territorio particolare.


Questa bottiglia di St. Magdalener è l’occasione giusta per tornare in Alto Adige, terra di eccellenza nella produzione di vini bianchi, ma in grado di stupire anche con i vitigni a bacca rossa. Se l’eccellenza sui rossi si chiama Blauburgunder (Pinot Noir), tra le uve autoctone dominano il Lagrein e la Schiava, probabilmente il vitigno più diffuso e presente in diverse varietà (le principali sono Schiava Grossa, Schiava Gentile e Schiava Grigia) dislocate  sulle colline che circondano Bolzano, tra cui la sotto zona di Santa Maddalena, da cui si raccolgono i grappoli migliori, valorizzata dal riconoscimento della D.O.C. Santa Maddalena.

Il St. Magdalener che assaggio oggi é prodotto da Georg Mumelter nel suo maso Griesbauerhof, storica cantina in località Rencio, ai piedi delle colline di S. Maddalena e S. Giustina. Qui vengono coltivati circa 3 ettari e mezzo di vigneti, tra uva autoctone e internazionali, su terreni argillosi-sabbiosi, da cui si ricavano circa 30.000 bottiglie l'anno. 

Il Santa Maddalena Classico viene prodotto con uva Schiava in percentuali superiori al 95% e a completamento il Lagrein. La produzione di questo 2012 é di circa 15.000 bottiglie, ricavate dai caratteristici vigneti a pergola, con rese piuttosto elevate di circa 100ql/ha. L'età delle viti é variabile, da quelle più giovani a quelle con oltre 50 anni di età, coltivate in maniera etica e rigorosa. Per realizzare questo "Classico", le uve vengono raccolte ad inizio ottobre, con macerazione sulle bucce e lieviti selezionati per 7-10 giorni. L'affinamento  dura alcuni mesi in grandi botti di rovere, per passare in bottiglia nei primi giorni di Aprile.

Si presenta giovane, vestito di un rosso rubino scarico ma brillante, magro e snello, pulito e trasparente. Immaginatevi di essere a metà strada tra un rosè e un vino nero. Naso sottile ma di buona persistenza, che gioca soprattutto su note floreali, come rosa e violetta, lasciando il frutto mai "marmellatoso" leggermente sottotraccia. La beva è piuttosto facile e piacevole, vino tutto sommato scorrevole e pulito, che gioca soprattutto le carte della mineralità e della sapidità, poco tannico e poco alcolico, a cospetto della sua gradazione (13%vol), senza disdegnare un tocco di dolcezza (ciliegiosa) al palato, ma senza ingentilirsi troppo.

A gusto personale, non è una tipologia di vino per cui stravedo, ma al contempo devo riconoscere che si tratta di un rosso particolare, espressione tipica espressione del territorio di provenienza. Definiamolo pure originale, soprattutto per chi non lo ha mai assaggiato ed è abituato ai soliti nomi prodotti con lo stampino. Vi avviso... se siete tra quelli che amano i vini “tutta ciccia e brufoli”, con questo Santa Maddalena potreste rimanere spiazzati. Se invece anche nei rossi amate i vini “sgrassati” e dalle note aromatiche non scontate, potreste trovare in questa bottiglia, spunti di interesse. 

Il punto di forza di questo vino sta proprio nella sua capacità di essere espressione di un territorio particolare. Le calde giornate estive che danno maturità al frutto, la mineralità rocciosa dei suoli, la snellezza che ti aspetti da un vino di montagna. Manca un po’ di complessità, di lunghezza, di succosità… e anche eleganza... un buon vino di territorio, ma nulla più… il che rimane comunque un gran bel pregio a cospetto di milioni di bottiglie prodotte con lo stampino e difficili da distinguere tra di loro. Da bersi giovane, fresco e poco adatto ai lunghi invecchiamenti.

Vino da abbinamento trasversale, grazie alla sua beva facile e scorrevole, alla sua snellezza, alle sue tinte non troppo cariche si sposa bene con piatti non troppo saporiti o consistenti. Con le dovute differenze rientra in quella categoria di rossi (così come il Grignolino ad esempio) che ben si sposa con le carni bianche, i formaggi non troppo stagionati, gli antipasti e perché no, con del pesce in umido...  

Comunque un vino da provare (lo trovate qui a circa 15 euro), almeno per chi come il sottoscritto, ha sete "esplorativa"... per tutti gli altri... sappiate che con 15 euro potete fare "eno-esperienze" molto più interessanti e gratificanti.

sabato 20 luglio 2013

BIANCHI GRILLI PER LA TESTA 2011 - Trebbiano d'Abruzzo D.O.C. - Torre dei Beati

Prima annata per il Trebbiano di Torre dei Beati... crescerà... ma se il tempo che si impiega a scolare una bottiglia di vino é sinonimo di apprezzamento (e credo proprio che sia così), sappiate che il Bianchi Grilli per la Testa é evaporato in tempi da record.


Ritorno con piacere a scrivere di vino bianco, dopo tutto siamo in estate e i bianchi avanzano prepotentemente nella mia playlist al cospetto dei rossi. Mi accingo quindi a scrivere per la prima volta del "nuovo" Trebbiano d'Abruzzo di Torre dei Beati, una delle realtà emergenti più apprezzate in questi ultimi anni.

La cantina è magistralmente gestita da Fausto Albanesi e Adriana Galasso, che con i loro 17 ettari di vigna a regime biologico certificato, da cui si ottengono uve e vini che riescono a dare una bella espressione di questo territorio. Non a caso ci troviamo a Loreto Aprutino, paese "mito" visto che qui opera Valentini, indiscutibilmente il numero uno in Abruzzo. L'avventura inizia nel 1999 grazie a dei terreni (e vigneti) ereditati, una svolta nella vita di Fausto e Adriana, che sono riusciti a trasformare quello che era un sogno chiamato "Torre dei Beati", in una solida realtà da 100.000 bottiglie l'anno, espressioni dei tipici vitigni abruzzesi, Montepulciano in primis, ma anche Pecorino (ottimo il loro "Giocheremo con i Fiori") e dal 2008 una piccola parcella di Trebbiano.

Per meglio raccontarvi come esordisce questa prima annata del Bianchi Grilli per la Testa 2011 ho chiesto direttamente a Fausto di raccontarcelo... "dopo aver iniziato a produrre Montepulciano dalle vigne che mio suocero aveva piantato nel 1972, non avendo vigne di bianco ed essendo contrari a mettere in bottiglia vino  non prodotto da uve nostre, nel 2004 abbiamo acquistato un nuovo terreno e nel 2005 ci abbiamo piantato il vitigno autoctono a bacca bianca che riteniamo tecnicamente piu' interessante, il Pecorino, capace di concentrare zuccheri, di mantenere un'acidita' molto elevata, un'ottima mineralita' e di sviluppare aromi intensi e complessi.
Fatto questo, una volta, per cosi' dire, sistemato il fronte dei bianchi, abbiamo sentito la volonta' di misurarci anche con il vitigno a bacca bianca piu' diffuso nella nostra regione, questo benedetto Trebbiano dai due volti, quello del principe quando vinificato con l'attenzione e le cure necessarie per ottenere un grande vino, e della Cenerentola quando vittima delle comuni scorciatoie dell'arricchimento dei mosti o del taglio con i cosi' detti vitigni "miglioratori".
Abbiamo piantato un appezzamento di meno di mezzo ettaro nel 2008, e nel 2011 abbiamo ottenuto il nostro primo Trebbiano, in meno di 1500 bottiglie. Per ottenere un buon Trebbiano e' necessario lavorare molto sulla vigna e cercare di contenere la produzione. L'impianto e' a spalliera a 5000 ceppi per ettaro, ed a' ancora giovane per poter parlare di un buon equilibrio produttivo, che per ora dobbiamo necessariamente ottenere diradando i grappoli, nell'attesa che si instauri una giusta competizione fra le piante. Al momento della raccolta ho preferito la concentrazione acidica a quella zuccherina, per ottenere un vino che, pur non imponente di contenuto alcolico, avesse la potenzialita' per evolvere positivamente nel tempo.
Data la gradazione alcolica non elevata, mi sono potuto permettere di condurre la fermentazione sui lieviti indigeni, parte in acacia e parte in acciaio, e ho poi tenuto il vino torbido sulle sue fecce per nove mesi, prima di metterlo in bottiglia ad agosto del 2012.
Ho iniziato a vendere il vino da pochissimo, a quasi un anno dall'imbottigliamento.
Il nome "Bianchi Grilli (per la testa)" le fa capire che si tratta di una interpretazione abbastanza personale, nata piu' da una nostra volonta' di metterci alla prova che da particolari interessi di mercato, viste anche le piccolissime quantita'.
A rappresentare questa ricerca ci e' piaciuto questo dipinto di mio cognato Francesco Colonnelli, artista marchigiano, che mi piace vedere non tanto come una sagoma senza volto con dei grilli nascosti in mezzo ai capelli, quanto come una persona che ha gli occhi spostati sulla sommita' del capo per vedere meglio e piu' lontano".


Nel bicchiere sfoggia un giallo paglierino scarico… dinamico, snello, limpido, già alla vista trasmette leggerezza. Non si tratta di un vino “caricato a molla” e anche il naso lo dimostra, lieve e sottile, elegante, quasi timido ma con piacevole continuità… è un vino che ti sussurra all’orecchio, che si mette a nudo un poco alla volta… Amanti delle taglie forti… della ciccia e della polpa, non c’è “pane per i vostri denti” in questo Trebbiano… magro e di bella finezza, contraddistinta da una spiccata mineralità, una sottile acidità e piacevoli sentori olfattivi “verdi”… erba e fiori di campo, camomilla, note amarognole e agrumate… Il sorso poi è di “semplice” piacevolezza, fresco, dinamico e slanciato… si lascia bere che è una favola, quasi dissetante, grazie alla componente sapido-minerale che ne contraddistingue la beva… il frutto “esotico” è sempre sottotraccia, non è mai polposo ed entra in gioco solo sul finale, quando la sapidità lascia spazio a note dolciastre, che invitano al bicchiere successivo, lasciando la bocca pulita e piacevolmente soddisfatta. Un vino lineare, di grande bevibilità, semplice e discretamente aromatico, adattissimo per pasteggiare in queste calde giornate estive grazie ad un sorso rinfrescante. 

Nell’insieme il vino mi è piaciuto molto, perché sa esprimere mineralità, verticalità e territorialità. Devo però ammettere che dalle premesse e dal prezzo di vendita  mi sarei aspettato qualcosa di più… Ad esempio il loro Pecorino “Giocheremo con i Fiori” che con le dovute differenze, denota un’impronta stilistica abbastanza simile a questo Trebbiano, è un vino godibilissimo al giusto prezzo (intorno alle 10 euro) da fare scorta in cantina… in questo caso (siamo sulle 16 euro in enoteca… non proprio pochissime per un bianco), gli manca qual cosina per renderlo oltre che snello, pulito e gratificante anche più originale, succoso, curioso, complesso... insomma quello che ti aspetti da un vino “naturale” nell’eccezione più ampia del termine….

Questo mio appunto é ovviamente fortemente condizionato (e quindi va preso con le pinze) da quanto mi ha detto Fausto... prima annata prodotta, il che significa che ci vorranno ancora anni prima che la vigna riesca ad esprimersi al meglio e regalarci vini più caratteriali e strutturati. Credo che sia una sottolineatura importante per esprimere un giudizio complessivo su questo vino e la passione con cui lavorano Fausto e Adriana lascia ben sperare per il futuro, per quello che potrà diventare il cru della casa. Insomma, vino in divenire e il bello deve ancora arrivare!! 

Come sempre, da amante delle etichette, quelle di Torre dei Beati sono sempre uno spasso, ed é un piacere anche estetico, mettere sul tavolo una loro bottiglia. Comunque... come spesso amo ricordare... se il tempo che si impiega a scolare una bottiglia di vino é sinonimo di apprezzamento (e credo proprio che sia così), sappiate che il Bianchi Grilli per la Testa é evaporato in tempi da record.  Il Trebbiano di qualità si-può-fare!

sabato 13 luglio 2013

LE CAVE 2010 - Barbera del Monferrato Superiore D.O.C.G. - Castello di Uviglie



...vino piacevole, ben fatto e che non delude neanche nel bicchiere del giorno dopo, perché la precisione del sorso, non va a scalfire il carattere che ti aspetti da una Barbera autentica e di territorio.


Con lo stappato di oggi torniamo in Piemonte e più precisamente in Monferrato, per parlare del Castello di Uviglie, che oltre ad essere una suggestiva location per i vostri eventi è anche una interessante cantina e oggi vado ad assaggiare una delle sue due Barbere, denominata “Le Cave”. 

Il castello si trova a Rosignano Monferrato, 8km da Casale, all'interno di un parco secolare, che ne disegna una cartolina molto suggestiva. Proprio nei sotterranei del castello si trovano le Cantine Storiche, perché qui la viticoltura ha inizio nel lontano 1491, dai Feudatari Pico-Gonzaga (da qui deriva il nome della loro Barbera Sup.) Il Castello di Uviglie é attualmente nelle mani di Simone Lupano, che gestisce 25 ettari di vigneti, su terreni prevalentemente calcareo-argillosi. Barbera in primis, ma anche Freisa, Grignolino, Albarossa e Chardonnay tra i vitigni presenti, che consentono una produzione di circa 80.000 bottiglie suddivise in due linee produttive, i vini "classici" e "cru". 

La Barbera Superiore di oggi, rientra proprio nella linea cru, insieme all'altra Barbera Pico Gonzaga e un particolare Albarossa in purezza. "Le Cave" é una Barbera in purezza, con uve provenienti dal vigneto "Bricco delle Cave", con oltre 20 anni di età. La fermentazione viene svolta in acciaio o cemento, con conservazione sulle fecce fini in parte in cemento e in parte in legno. Il vino che viene imbottigliato in estate, affina in bottiglia per 3 mesi. Gradazione alcolica del 14%vol. e tre bicchieri Gambero Rosso per l'annata 2009.

L'annata 2010 che stappo oggi si presenta con un rosso rubino piuttosto intenso e scuro, impenetrabile ma dai riflessi brillanti, di buona fluidità si attacca alle pareti come Spiderman dimostrandosi vino tecnicamente pulito e discretamente elegante. Al naso attacca vinoso con buona intensità e persistenza, ma senza essere troppo aggressivo… l’impulso alcolico iniziale (14%vol.) è ben presto plasmato da note di frutta a bacca rossa con qualche accenno speziato (pepe) e liquirizia, che costituiscono un insieme omogeneo e piacevole, pur senza spunti particolari. La beva è sicuramente il punto di forza di questa Barbera, perché riesce ad esprimere quelle caratteristiche tipiche del vitigno, soprattutto quando si parla del Monferrato, ovvero lì equilibrio tra la componente aromatica-fruttata (che conferisce rotondità e morbidezza) e la componente acido-minerale (che conferisce dinamicità e freschezza). Manca a mio giudizio un tocco di rusticità, ma per il resto la beva è tecnicamente ineccepibile e di grande pulizia. Siamo a metà strada tra un “Barberone” da lungo affinamento e una “Barberina” pronta beva… nell’insieme il vino ha buona energia, è appagante e non rimane mai sulle gambe, tannino vivo, frutto croccante, bello slancio… decisamente appagante come vino da pasto, pur mantenendo la personalità del vino importante. 

Sia ben chiaro, stiamo comunque parlando di una Barbera da 12 euro in enoteca, quindi non aspettatevi un “vinone”, ma un “vinello” fatto molto bene, con un rapporto qualità/prezzo eccellente. Se questo sia bastato per ricevere i 3 bicchieri non sta a me giudicare, sicuramente nella sua categoria ne esce alla grande. La capacità del Castello di Uviglie sta proprio nel saper coniugare tecnica e passione, esprimere con questa Barbera un vino piacevole, ben fatto e che non delude neanche nel bicchiere del giorno dopo, perché la precisione del sorso, non va a scalfire il carattere che ti aspetti da una Barbera autentica e di territorio.

Barbera trasversale, che può trovare il consenso di molti... tra cui il mio... per un vino che non sorprende, ma convince...

domenica 7 luglio 2013

MONTE DEL CUCA 2010 - Vino Bianco - Menti Giovanni


Se mi passate il termine un vino “punk”, nella sua forma più “underground”, dove conta l’impatto, il ruvido, la vibra... le sonorità meno pulite ma dirette. In secondo piano la tecnica dei musicisti, la precisione stilistica, la pulizia nel suono. Ma va bene così…


Chi ha letto il mio post dedicato alla prima edizione de “Gli estremi del vino”, sa che mi sono concentrato sui produttori lombardi, tralasciando il resto d’Italia e tornandomene a casa un po’ dispiaciuto per i tanti assaggi mancati… ma come a volte capita, quello che lasci poi ti ritorna…  così i primi bianchi stappati dopo la trasferta di Pisogne, sono proprio di due vignaioli presenti alla fiera e “saltati” dal sottoscritto… la Ribolla di Terpin, di cui ho già scritto e il Monte del Cuca di Giovanni Menti che vado ad assaggiare. 

Indubbiamente quando pensi al binomio Gambellara-vini naturali, il primo nome che ti viene in mente è quello del caposcuola Angiolino Maule, ma sicuramente gli appassionati del genere conoscono bene anche questa cantina, che ha legato il proprio nome al territorio vicentino e al suo vitigno autoctono per eccellenza, ovvero la Garganega. 

La cantina Menti con Stefano, é ormai giunta alla quarta generazione di vignaioli e prende il nome da Giovanni, che ne fu il fondatore. Si protrae quindi la conduzione familiare e ad oggi l'azienda conduce circa 7 ettari e mezzo di vigneti nella zona collinare di Gambellara, coltivati a Garganega e Durello, da cui si ricavano vini bianchi fermi, frizzanti, spumanti e passiti. La conduzione delle vigne é a regime biologico, con l'utilizzo del metodo biodinamico, senza utilizzo di prodotti chimici, a cui si associa una condotta senza trucchi in cantina con l’utilizzo dei soli lieviti indigeni e dosaggio di solforosa bassissimo. Vini (e vignaiolo) che vogliono esprimere in primis il terroir, caratterizzato da un sottosuolo di origini vulcaniche. 

L'attuale produzione si aggira sulle 40.000 bottiglie e sicuramente incuriosisce la dicitura riportata… "vino volutamente declassato", che sta ad esprimere la volontà di essere vignaioli liberi ed indipendenti da etichette, consorzi e disciplinari. Menti ha tutte le carte in regola per rientrare nelle disciplinari e ottenere le certificazioni, ma predilige lasciar parlare i suoi vini ed essere libero da un sistema burocratico ed economico svantaggioso, sia per il produttore che per il consumatore. Sicuramente Stefano é uno a cui piace uscire dagli schemi, fare esperienze nuove, evolversi… in vigna, in cantina, tra le scartoffie..

Provare per credere ecco il suo Monte del Cuca, che stando a quanto mi hanno riferito, é un po' il pezzo forte tra i Garganega proposti.. dal “Roncaie”, un frizzante naturale, al “Paiele”, diciamo il Garganega base, il “Riva Arsiglia” le cui uve provengono da vigneti con oltre 60 anni di età e il “Monte del Cuca”... che é un pò il cru del lotto, le cui uve provengono da un piccolo vigneto di mezzo ettaro situato in collina e da cui il vino prende il nome. Piante con circa 40 anni di età con resa di 80 ql/ha per una produzione limitata a 2000 bottiglie per questa annata 2010. Fermentazione con lieviti spontanei sulle bucce senza il controllo della temperatura. Ben due anni in acciaio con i propri lieviti a cui segue un periodo di affinamento in bottiglia. 

Quando si definisce un bianco “Orange wine”, per quanto il termine non mi faccia impazzire, l’immagine che si materializza nella mia testa è proprio quella di questo Monte del Cuca. Già la bottiglia è indicativa, vetro marrone ed etichetta arancione… il vino ovviamente è di un giallo oro scuro tendente al bronzo, decisamente denso e viscoso lungo le pareti… diciamo atteggiamento più da rosso che da bianco… per rendervi l’idea. Il naso è molto particolare, deciso, persistente e intenso, carico e ricco di note difficilmente identificabili e che poco hanno a che fare con quelle tipiche dei vini bianchi. Leggermente vinoso, quasi caldo tra le rotonde note di frutta stramatura macerata, accenni di frutta secca e le più pungenti note speziate, sentori fumè e boisè, ma soprattutto sensazioni “rocciose” che ne forgiano il carattere e la vena minerale, espressione “diretta” di quel suolo vulcanico su cui sorgono le vigne. Il palato è pieno e avvolto dalla densità del vino, leggero sentore alcolico (13%vol.) con tannino vivo, quasi ruvido e un po’ sgraziato, ma assai piacevole, dalla intrigante e particolare gamma gustativa, quasi tridimensionale nel saper coniugare sensazioni polpose e tendenzialmente dolciastre, con buona mineralità e un intrigante finale amarognolo che ricorda un po’ i vini liquorosi da lungo invecchiamento. Vino di corpo e struttura per un “aranciato” che può essere tranquillamente dimenticato in cantina. 

Volendo fare un paragone con il precedente vino macerato assaggiato (la Ribolla di Terpin), prendendo in considerazione le ovvie e marcate differenze di terroir e uvaggio (e quindi si… il paragone è decisamente azzardato), posso dire che mentre la macerazione di Terpin l’ho definita “perfetta”, perché ci consegna un vino di grande equilibrio, tecnicamente ineccepibile e di grande verticalità, quasi una via di mezzo tra un bianco classico e un macerato estremo.  Il Monte del Cuca, sembra decisamente più “marcato”, meno perfetto, più difficile alla beva, per chi è abituato ai bianchi classici. 

Decisamente più particolare, estremo e verace. Se mi passate il termine un vino “punk”, nella sua forma più “underground”, dove conta l’impatto, il ruvido, la vibra... le sonorità meno pulite ma dirette. In secondo piano la tecnica dei musicisti, la precisione stilistica, la pulizia nel suono. Ma va bene così… il punk rock quando è troppo patinato non è punk ma pop per riempire i palazzetti, non ti emoziona e ti stufa dopo pochi ascolti, perché perde la sua essenza. Spero di aver reso l’idea con questo paragone… sappiate comunque che da queste parti “culturalmente” il rock sporco e di strada è sempre piaciuto… é un vino che ti "acchiappa" e ti costringe a rimettere il naso nel bicchiere, a fare un sorso in più per comprenderlo il più possibile... ma alla fine non ci riesci fino in fondo... e ad ogni sorsata c'è sempre qualcosa da scoprire. 

Quindi anche il Monte del Cuca è riuscito a convincermi, schietto e carico, espressione senza compromessi di un territorio e di una DOC meno considerata, ma che se ben interpretata riesce ad esprimersi alla grande. 

Dall’underground di Gambellara vini estremi per emergere nei confronti dei più blasonati vicini di casa di Soave. Ovviamente non potevo non ironizzare un po’ sul nome della cantina… quindi come abbinamento… sparatevi a tutto volume “Tu Menti” dei CCCP, si tratta di un bianco piuttosto "punk"... quindi ci sta alla grande. Se vi ho incuriosito trovate i vini di Stefano Menti qui o se preferite su altre enoteche on-line. Prezzo più che adeguato tra le 13-15 euro e alla prossima macerazione…

martedì 2 luglio 2013

NELL'OLTREPO' PAVESE DEL MARCHESE ADORNO

 
Ricevuto un cordiale invito dal sign.Minetti mi appresto a raccontarvi della cantina Marchese Adorno, realtà vitivinicola dell'oltrepò pavese. Basta che non mi dite cosa devo scrivere (ed é un messaggio che rivolgo a chi si occupa di marketing e pensa che io sia qui a copia-incollare i loro scritti...) e qui ci sono orecchie e palato pronti ad accogliere chiunque si dimostri sinceramente interessato a trovare spazio nel blog. Ed eccomi qui in una uggiosa domenica di inizio estate ad assaggiare i 3 principali vini di questa cantina... siamo nella bella zona collinare dell'oltrepò e le 3 bottiglie fanno riferimento ai 3 uvaggi principale di questa zona.. la Croatina da cui si ricava la Bonarda, la più antica e radicata espressione di questo territorio su cui a mio modesto parere, bisogna ancora investire e lavorare per offrire al consumatore un prodotto quanto più qualitativamente apprezzabile, per scardinare un certo eno-snobbismo nei confronti di questo vino, troppo spesso sottovalutato anche a causa di alcune scelte commerciali che di sicuro non ne valorizzano le reali potenzialità (inutile nasconderlo certe versioni presso la GDO sono quasi regalate ma altrettanto imbevibili). Il Pinot Nero, che forse in pochi sanno, ma l'Oltrepò Pavese é una delle regioni vitivinicole dove se ne produce di più, é utilizzato soprattutto nella produzione di spumanti. Crescente é anche l'attenzione per la versione in rosso... certo se si pensa alla Borgogna siamo ancora lontani, anche i Blauburgunder dell'Alto Adige o certe versioni trentine (come non pensare alla finezza del Pinot marca Dalzocchio?) sembrano avere una marcia in più... ma la volontà di crescere qualitativamente c'è anche nell'Oltrepò, tanto che alcune delle cantine storiche (tra cui Marchese Adorno) hanno deciso di unire le forze dando vita al Pinò Club, una associazione che vuole valorizzare questo importante vitigno. E per concludere ecco la Barbera, altro vitigno molto diffuso e di grande importanza in questa zona, prodotto sia nella versione ferma che in quella vivace.

La cantina Marchese Adorno é situata a Retorbido in provincia di Pavia, nel cuore della Val Staffora, dove le colline dell'Appennino emiliano incrociano la pianura a sud del Po. Le origini risalgono al 1934, ma solo a partire dal 1997 con la presa in carico dell'ultimo discendente, il Marchese Marcello Adorno, che si inizia un percorso di crescita, che porta alla creazione di una nuova e più moderna cantina, oltre all'acquisizione di nuovi vigneti, che consente con 80 ettari di vigneti e una produzione di circa 300.000 bottiglie, di issare la cantina del Marchese tra le più interessanti ed intraprendenti realtà vitivinicole dell'Oltrepò Pavese. I vigneti sono sostanzialmente dislocati in due aree distinte, nei dintorni di Retorbido, su suolo argilloso e nella zona collinare denominata Costa del Sole, dove i pendii raggiungono altezze vicine ai 400 metri. Su questi terreni argillosi vengono coltivati i vigneti più importanti e con le rese più basse, da cui si ricavano i più importanti vini dell'azienda (ovvero i 3 che andrò a degustare). Smarcarsi dal comune snobbismo che vuole  l'Oltrepò patria della spumantistica e dei rossi vivace a basso costo, per una produzione che guarda più alla quantità che alla qualità. Da qui la neccessità di un'inversione di rotta, dimostrare che questa é terra che sa e può esprimere vini di qualità e non solo bottiglie a basso costo per la grande distribuzione. La scelta del Marchese Marcello di affidare la direzione tecnica della cantina all'enologo Francesco Cervetti, profondo conoscitore dell'Oltrepò e già protagonista in alcune delle più rinomate cantine della zona.

Personalmente é la prima volta che mi cimento con la produzione di questa cantina e mi fa piacere assaggiare i 3 vini più importanti, espressioni di 3 vitigni a bacca rossa emblema dell'Oltrepò... 

COSTA DEL SOLE 2012 - Bonarda dell'Oltrepò Pavese D.O.P.

Parto dalla Bonarda, che come vi ho scritto sopra, è un vino che tendenzialmente snobbo, principalmente per una sorta di “scarso amore” per i vini con le bolle. Ebbene, soprattutto negli ultimi anni, sembra esserci un ritorno di fiamma nei confronti dei vini più freschi e di pronta beva (e bisogna dirlo, economicamente meno impegnativi…), tanto che anche la Bonarda sembra godere di una seconda giovinezza. Il merito é anche di vini come questo Costa del Sole, una vera sorpresa per chi come il sottoscritto l'ha sempre considerato un vino minore. E bene, qualcuno mi aveva avvertito... la Bonarda, non é solo quell'insignificante rosso frizzante che ti rifilano al circolo... provane una ben fatta e te ne accorgerai... ed infatti me ne sono accorto. Questa versione é riuscita ad entusiasmarmi.  Un rosso caratteristico, acceso e brillante con riflessi che virano sul rosa scuro e il violaceo, sovrastato da una bella spuma soffice che "sfrigola" nel bicchiere. Il punto di forza é tutto nella beva, fresca, snella, zuccherina, perfetta nella sua funzione alimentare. Semplice e leggera, diretta e di carattere ma al contempo non troppo tesa e slanciata, sa riempire bene la bocca e ci ammorbidisce con un retrogusto fruttato "fragoloso" che ci costringe a riempirci nuovamente il bicchiere. Ma soprattutto mi ha colpito la sua "misurata" vivacità. Bollicine piuttosto fini, cremose e delicate. Per produrre il Costa del Sole, mix di Croatina (85%) e Uva Rara a completare, entrambe vinificate in purezza. Tre mesi di affinamento in bottiglia e caratteristica rifermentazione stile spumante. Gradazione alcolica del 13%vol. e prezzo in cantina di poco superiore alle 5euro. Pur non essendo un fanatico del genere... beva soddisfacente e quasi divertente.. vino allegro.

RILE NERO 2008  Pinot Nero Riserva Oltrepò Pavese D.O.C.
Nel bicchiere scivola snello e fluido vestito di un rosso rubino dalle sfumature porpora, piuttosto limpido, brillante e di grande pulizia. Naso fitto e pungente, teso nelle venatura alcolica (13.5%vol) che sostiene una varietale che sfoggia frutti di bosco, ma soprattutto sentori floreali (rosa) e piccanti note speziate. Si fa sentire “l’effetto legno” con una tostatura di fondo che a mio avviso tende a chiudere il bouquet a cui manca un po’ di apertura e freschezza verso note più fini e leggere (meno vaniglia da barriques e più spazio all’uva). Al palato dimostra una certa dinamicità, un ingresso deciso, di buona acidità, ma ben equilibrato da un piacevole (e furbo) retrogusto dolciastro e succoso di grande appagamento. Preciso e ineccepibile in tutte le sue componenti, discretamente elegante deve ancora crescere in personalità, forse un po’ troppo “tecnico” e "legnoso", viene meno quella finezza che ti aspetti da un Pinot Noir. Comunque mi è piaciuto, anche se non ho termini di paragone con altri Pinot Noir dell’Oltrepò, ma in generale assolutamente “sul pezzo” per rapporto qualità/prezzo. Due anni di affinamento, uno in barriques e uno in bottiglia, viene prodotto solo nelle annate migliori. Prezzo in cantina sulle 10 euro.

VIGNA DEL RE 2008 - Barbera Riserva Oltrepò Pavese D.O.C.

La Barbera riserva ha… l’aspetto che ti aspetti… da un vino importante. Un rubino scuro intenso ed impenetrabile, concentrato nel colore ma vivo e di buona fluidità nel bicchiere. Anche il naso è importante, intenso e persistente, vinoso e pungente con marcata vena alcolica, dal bouquet intrigante e complesso. Anche in questo caso manca un po’ di solarità…  il legno gioca un ruolo rilevante, ma lascia comunque spazio a note floreali e di frutta sotto spirito. Vino di struttura importante e buon corpo, tannino vigoroso ma ben equilibrato dalla componente minerale che conferisce un tocco di freschezza. Il finale é dolcemente lungo e piacevole. Decisamente ben fatto, rilascia una bella sensazione di pulizia, sfoggiando un carattere tra il pungente e il morbido, caratteristico di una buona e robusta Barbera. Non si offende se dimenticato in cantina. La "Vigna del Re", situata in località "Costa del Sole" è probabilmente il vino più importante della Marchese Adorno, realizzato con le autoctone uve Barbera (85%), Croatina (10%), Uva Rara (5%) su terreno calcareo-argilloso, la cui età supera i cinquanta anni, con una resa inferiore a 1,5 kg. per pianta. In cantina 18 mesi di affinamento in fusti da 500 litri, con periodici travasi per separarlo dai sedimenti ed evitarne la filtrazione. Conclude il suo percorso con un anno di riposo in bottiglia. Gradazione alcolica del 14%vol. e prezzo in cantina sulle 10 euro.

Nell'insieme una "triplete" interessante, con la Bonarda come più piacevole sorpresa, a dimostrazione che questo rimane ancora il vino più caratteristico e rappresentativo dell'Oltrepò Pavese. Non male anche il Pinot, anche se eccede nel legno, ed é lontano dalla mia idea (e gusto) di Pinot molto più fragrante e solare. Convince maggiormente la Barbera, che dimostra il carattere del vino importante. 

 

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3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!
Il solito grande classico di fine anno... puntuale come il mercante in fiera, eccovi la playlist di questo 2015...

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti
...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto
Ancora Crealto, ancora un grande vino... prendetemi alla lettera, la loro Barbera affinata in terracotta è una chicca che sorprende e affascina...

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione
"Per noi acquistare una bottiglia di vino, significa acquistare consapevolezza e sapere, oltre che la gioia di godere di un vino come poesia"

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna
Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus... non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce
Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto
Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi
Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine
...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello
Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia
...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori
...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.