martedì 30 settembre 2014

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter...
< - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore.
- Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui.
- Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

Per quanto apprezzi autore e libro... mi sa che qui il buon Nossiter ha preso un abbaglio... ma prima di passare a fatti e considerazioni permettetemi una premessa, perché so che tendenzialmente, su questi argomenti parecchi produttori si incazzano. So anche che per molti di voi, noi scribacchini "non professionisti" o dopolavoristi... orecchianti... ecc... come ho letto, o addirittura "mezze seghe senza arte né parte, parolai con complessi d'inferiorità", persone che si divertono a criticare e giudicare senza conoscere le questioni in profondità, e senza assumerci i rischi e le fatiche che comporta lavorare in agricoltura. Non mi sono mai piaciute queste generalizzazioni. Il tempo e le parole che spendo da anni nel sostenere il vostro lavoro e raccontare i vostri vini attraverso questo indie-blog, senza alcun tornaconto, senza mai essermi permesso di chiedere a nessuno una e una sola bottiglia... credo stia a dimostrare il rispetto che nutro per il vostro lavoro. Personalmente preferisco spendere qualche euro in più per un vino prodotto da un vignaiolo che lavora onestamente (soprattutto in annate sfigate come questa), che qualche euro in meno per un vino prodotto chissà come. E non ne faccio solo una questione qualitativa, ma anche e soprattutto etica, perché sono ben felice di sostenere i piccoli produttori e i loro infiniti "sbattimenti". 

Diciamo che nel mio piccolo ruolo di consumatore eno-appassionato, cerco di dare il mio contributo alla causa, ma a volte ho come la sensazione che alcuni di voi produttori, la nostra passione e i nostri sacrifici non li comprendete. E quindi anch'io nel mio piccolo mi incazzo... sia come consumatore (o come ultima ruota della filiera), sia in difesa di quei tanti onesti ed eticamente corretti vignaioli che ho avuto il piacere di incontrare.


Allora la storia é questa... abito a Varese e mi reco per un week-end nel Collio... non proprio dietro l'angolo... 432 km e 4 ore abbondanti di macchina. Giusto un paio di giorni prima contatto un produttore (che chiamerò MisterX) che mi fissa un appuntamento per il giorno stesso del mio arrivo. Molto bene. Tra tante realtà presenti nel Collio ho scelto questi vignaioli e i loro vini, di cui ho letto cose molte positive.

Al mio arrivo vengo accolto timidamente e Mister X esce di casa con l'aspetto di uno che si é appena alzato dal divano (rido!!)... e vabbè ci sta...(magari dormiva veramente..) conseguentemente, possono anche starci un paio (forse anche qualcuno in più) di sbadigli mentre mi racconta il lavoro della sua azienda vitivinicola. (al punto che mentre scende a prendere 3 bottiglie per  la degustazione, la mia compagna mi chiede se Mister X non sia piuttosto scazzato e se non stiamo disturbando). Io cerco di giustificarlo, un po' me l'aspettavo, non é la prima volta che fatico ad entrare in sintonia e rompere il ghiaccio con i vignaioli friulani. Comunque ora della fine un paio di sorrisi sono riuscito a strapparglieli.

Mi basta comunque stare li, attorniato da vecchi vigneti inerbiti, parlare di vino e territorio, assaggiare questi bianchi eccellenti per passare oltre... Tra le tante cantine della zona, ho scelto MisterX proprio perché é una cantina artigianale, lavorano bene e in maniera rispettosa dell'ambiente (agricoltura biologica, zero chimica), propongono vini di grande finezza e corrispondenza territoriale, eleganti, minerali... insomma una di quelle cantine che rientra alla perfezione nei miei canoni gustativi ed etici, direi non solo miei considerando la loro partecipazione (in passato) ad alcune fiere dedicate ai vignaioli e il "chioccioloso" riconoscimento di Slow Food. (adesso non state li ad indovinare il nome.. é solo un esempio, non é il problema...)

Mister X guardando l'orologio, mi fa segno che deve andare per un impegno, mi sembra giusto, mi ha già dedicato due ore, e prima dei saluti, chiedo se mi può lasciare un cartone misto da sei bottiglie... una per tipo da gustarmi a casa... prendo sempre un cartone quando vado in una cantina, vuoi perché solitamente mi piace, vuoi per ricambiare l'ospitalità e il tempo a me dedicato. Conoscevo a grandi linee i prezzi dei suoi vini al dettaglio... si sa i bianchi del Collio costicchiano, e speravo con l'acquisto diretto di risparmiare qualcosina. Così Mister X strappa un pezzo carta e mi fa il conto... << allora 15 euro i tre vini base, 20 euro i due cru, e poi ti ho messo dentro questa che é una riserva speciale, te la faccio a 30 dai...>> totale 115 euro. Sticazz...non batto ciglio, pago in contanti, zero ricevuta in cambio, ringrazio, faccio due foto al vigneto e me ne vado. Parlandone la sera a cena, rifletto sul fatto che i vini ce li ha fatti pagare come un'enoteca, che tutta sta storia che si possono comprare prodotti di qualità senza spendere un patrimonio attraverso l'acquisto diretto, la filiera corta, evitando il ricarico del rivenditore, non é poi una regola sempre valida.

La miccia che però mi ha spinto a scrivere questo post si è accesa solo un paio di giorni fa... mente spulcio il catalogo di un'enoteca on-line nella sezione delle "new entry" trovo i vini di Mister X... 13.10 euro i vini base e 19.80 euro i due cru. No dico, l'enoteca vende i vini ad un prezzo addirittura inferiore di quanto l'ho pagato io dal produttore?? Scusatemi, con tutto il rispetto del mondo, ma qui i conti non tornano...!! Quanto é costato quel vino all'enotecaro se può permettersi di guadagnarci e addirittura di spedirmelo a casa gratuitamente se spendo più di cento euro in totale?? Voglio dire io ne ho spese 115 e sono dovuto pure andare a prendermelo a 400km da casa... con tanto di benzina e caselli a carico mio... 

Posso capire che lo pago uguale (facendo finta, perché continuo a pensare che il prezzo cantina dovrebbe "democraticamente" essere uguale per tutti)... vuoi perché compro piccole quantità, vuoi perché il produttore deve garantire il prezzo più conveniente ai distributori, ai ristoratori o comunque a chi ne compra grandi quantità per poi rivenderlo. Posso capire il prezzo pieno alle fiere, perché il vignaiolo deve rientrare dei costi della trasferta e delle bottiglie andate in degustazioni (anche se in alcune fiere-mercato dovrebbero "obbligatoriamente" vendere al prezzo sorgente e non sempre é così). Ma addirittura di più? Perché un vignaiolo che si dimostra eticamente corretto nel "fare" non lo é anche nel "vendere"?  Perché ricaricare su un appassionato che ti ha chiesto 6 bottiglie e si é sobbarcato un viaggio per il piacere di stringerti la mano e ammirare il grande lavoro che fai? Forse avrei dovuto fare come certi furbacchioni eno-critici, presentandomi come wine blogger, promettendo interviste e articoli e bla bla bla..., sperando in qualche bottiglia gratuita, anziché come semplice appassionato e curioso assetato di conoscenza (e buon vino!). 

Io in cantina ci vado anche (o almeno vorrei...) per acquistare i vini a prezzo vantaggioso, visto che taglio un passaggio dalla filiera.
Ci terrei ad avere un parere di altri comuni consumatori e amatori del vino, così come (se mai passassero da questo indie-blog) di chi é lavorativamente inserito nel mercato del vino... non vuole essere questa una caccia alle streghe, ne mi interessa stilare una "black list", ma una disamina a più ampio respiro, per capirne i motivi...

"Una delle ragioni principali che mi fanno interessare al vino è proprio l'esistenza di una correlazione tra i fattori che fanno nascere un piacere sensoriale e quelli che condizionano un coivolgimento etico con il mondo in generale"   Jonathan Nossiter

A voi la parola...

venerdì 26 settembre 2014

ROBOLA DI CEPHALONIA 2013 - P.D.O. - Cooperative Cephalonia

Ultima tappa dedicata ai vini delle vacanze... La Robola dell'Isola di Cefalonia.. 


Con un po' in ritardo eccomi a concludere il giro dedicato ai vini delle vacanze. Per questa quarta tappa, dopo Bosnia (Zilavka) e Croazia (GRK + Plvac Mali) scendiamo la penisola balcanica fino alla Grecia, per incontrare un classico dell'isola di Cefalonia. Il vino di oggi si chiama Robola Classica e credo che chiunque abbia calpestato quest'isola (purtoppo famosa per l'eccidio della Divisione Acqui dell'Esercito italiano per mano dei soldati tedeschi), avrà notato questa particolare bottiglia di vino bianco, avvolta in un sacchettino in stile Pampero Annivaersario... (quindi molto invitante come acquisto turistico). Non ho tantissimo da raccontarvi in merito, in quanto non si tratta di un vino delle mie vacanze, ma di altri (il mio tour si é fermato nei Balcani). Ringrazio per il gentile omaggio e andiamo...

La Robola, altro non é che un tipico vitigno greco a bacca bianca, quindi autoctona, principalmente diffusa su quest'isola, anche se a sentire Wikipedia, potrebbe derivare dalla nostrana Ribolla. Sono circa 100 gli ettari vitati in quel di Cefalonia, che oltre alla Robola, vede presenti anche piccole quantità di altre varietà autoctone come Tsaousi, Vostilidi, Muscat, Mavrodaphne. La coltivazione di questa uve (piante ad alberello) avviene principalmente alle pendici del monte Enos, nella zona della Omala Valley , tra i 250 e i 650 metri, su terreni poveri e calcarei ricchi di pietre sbriciolate, con un clima mediterraneo caratterizzato da estati calde e secche, parecchia ventilazione ed inverni piuttosto rigidi.

A produrre questa Robola Classica é la Cooperativa Robola di Cefalonia, nata dall'unione dei produttori di uve dell'isola nel 1982 e che oggi conta la bellezza di 300 soci, equivalente all'85% dell'intera produzione di uva Robola in quel di Cefalonia. Attualmente circa il 10% dei vigneti é a regime biologico e tutte le operazioni in vigna sono eseguite a mano. Di concezione più moderna la cantina, dove vengono impiegate parecchie pratiche enologiche. La Cooperativa produce un vino rosso, un rosè e ben 5 bianchi, tra cui ben 3 versioni di Robola in purezza.

La Robola Classica, viene prodotta con uve vendemmiate a cavallo tra agosto e settembre, con fermentazione in acciaio inox per 25 giorni a temperatura controllata (12-15°C). Vino giovane, fa solo acciaio, con gradazione alcolica del 12,5% vol. Prezzo che dovrebbe aggirarsi (in patria) sulle 10 euro. Ho visto che si può trovare anche on-line su Avionblu a circa 14 euro.

Colore giallo paglierino, con riflessi dorati, piuttosto luminoso e brillante, con qualche particella in sospensione. Naso "tropicalista" tra banane, ananas e melone, ma anche agrumi a ricordarci che siamo pur sempre nel mar Mediterraneo. Non molto persistente, incide senza graffiare e senza stupire. Meglio la beva che dopo un ingresso di grande corrispondenza gusto olfattiva (e quindi fruttato, aromatico e sostanzioso), ne esce un vino che sa scorre  snello, scivolando (un po' troppo) velocemente verso un finale amarognolo con sensazioni più ferrose e minerali, lasciando una buona sensazione di pulizia al palato.

Un vino non particolarmente articolato e strutturato, da bere giovane e fresco. Diciamo che è quello che ci si aspetta da un vino semplice prodotto in un paese caldo, dove le uve raggiungono una completa maturazione, quindi inutile aspettarsi picchi di finezza e slancio. E' un vino ben fatto che da sicurezza e non lascia delusi, tralasciando però quell'imprevedibilità che crea scompiglio e curiosità. Quel tocco in più che tanto ci piace ritrovare nel bicchiere.

Vino piacevole ed ideale per le vostre prossime vacanze sulle spiagge di Cefalonia. Il suo essere statico e senza sorprese, ben interpreta il ritmo dei vacanzieri da sdraio ed ombrellone. Per i viaggiatori giramondo e zaino in spalla... curiosi e sperimentatori, prego cercare vini più avventurosi.

mercoledì 17 settembre 2014

GASPAR 2009 - Plavac Mali Grand Cru - Mise Ledinic


Peljesac, penisola di sole, mare, terreni arido-rocciosi e viti ad alberello di Plavac Mali, il  bacca rossa della Dalmazia...

Anziché abbandonarli per un po’ in cantina (come avrei dovuto fare, soprattutto per il vino di oggi), ho preferito stapparli in serie per poterli assaggiare e raccontare in questo ciclo di 4 post sul bottino delle vacanze. Oggi, alla terza puntata, finalmente parliamo di vino rosso “from Croazia”, e per farlo devo lasciare l’isola di Korcula e il suo GRK, traghettare e attraversare la penisola di Peljesac fino al piccolo borgo di  Ston. 
I gusti sono soggettivi, ma se non siete solo ed esclusivamente “tipi da spiaggia”, questo è uno dei posti più belli della Croazia. Per prima cosa sappiate che la penisola di Peljesac si trova nel sud della Dalmazia… e indicativamente inizia dal comune di Ston, una sessantina di chilometri a nord di Dubrovnik. Osservando la penisola sulla mappa si nota come la parte iniziale è parallela alla costa, conseguentemente il mare sul lato est, mi ricorda il nostrano lago Maggiore… una lingua di acqua salata incastonata tra la costa e la penisola. Quindi?? Prima chicca… questo è il luogo ideale per allevare le ostriche, numerosi sono gli allevamenti e lungo la strada noterete delle casette di legno con cartellonistica handmade… fate una sosta e rilassatevi, li troverete ad attendervi un bicchiere di vino bianco e delle ostriche superfresche. Sempre a Ston tra l’altro, potete visitare le saline (le più antiche del Mediterraneo) e le mura medioevali, che dislocate sulla montagna sovrastante, ricordano una versione “corta” della Grande Muraglia. 
Tagliando la penisola in direzione nord, vi si aprirà un paesaggio rurale di grande bellezza… tra scorci tipicamente mediterranei, con la costa a strapiombo sul mare blu e vigneti ad alberello aggrappati su pendii rocciosi… Questa è la terra del Plavac Mali, la più importante uva rossa croata, da cui si ricavano i vini più prestigiosi. Sono decine e decine le “konobe” (cantine) che incontrerete lungo la strada, alcuni hanno anche dei veri e propri negozietti o wine shop, per favorire la vendita e la degustazione dei propri prodotti (vino in primis, ma anche olio e rakia) ai numerosi turisti che attraversano la penisola durante i mesi estivi. 
E allora di Plavac Mali vi scrivo e dei suoi caratteristici grappoli bluastri (ho qualche dubbio ma se non ricordo male il significato di Plavac Mali é piccolo e blu.. come i suoi acini...). Il vitigno così chiamato, deriva dallo stesso ceppo del nostrano Primitivo e dello Zinfandel, e devo ammettere che dopo l'assaggio non ci sono dubbi sulle sue origine. 
Detto questo, proprio mentre passeggiavo per le vie di Ston, incontro questo wine shop e il suo gentile proprietario... entro, ed essendo gli unici avventori presenti, possiamo dilungarci in chiacchere e degustare i suoi vini con calma. Cantina piccola a conduzione familiare, che ha nel Plavac Mali riserva il suo vino di punta, realizzato con le uve di un vigneto ad alberello con oltre 50 anni di età, allevato su pendii di origine carsica, esposti al caldo sole estivo e alla ventilazione (a volte da nord est, ma a volte anche scirocco da sud) e da una brezza marina, che asciuga l'umidità. Tutte le fasi produttive avvengono nel segno dell'artigianalità e della manualità.. anche volendo, è impossibile pensare di meccanizzare i lavori in vigna. Una cosa è certa, alcuni vigneti osservati, compreso quello da cui si ricava questo vino, sono indiscutibilmente amanti della sofferenza... un incanto da vedere, ma clima, suolo e pendenze sono veramente estreme.
Saluto ringrazio e mi porto via le due bottiglie di Plavac più importanti che produce, un 2007 (che regalerò ad un amico) e il Grand Cru del 2009, il Gaspar, che vado a stappare (150 kune il prezzo, 20 euro circa ). Il processo produttivo é piuttosto semplice, a partire dalla raccolta manuale appena le uve raggiungono un'adeguata maturazione (mai eccessiva), lieviti indigeni e affinamento in barriques usate. Il proprietario mi assicura che non viene utilizzata chimica nei vigneti. Il clima caldo e la tipologia di uva ricca di zuccheri, generano vini dalle gradazioni alcoliche sostenute, questo 2009 ad esempio, arriva al 15.5%vol. Mentre in molti amano alzare la gradazione dei propri vini, qui a Peljesac, si ha il problema opposto. 

Nel bicchiere nessuna sorpresa, ma con buona soddisfazione alla beva, perché il vino è ben fatto e si lascia amare. Scuro e con buona concentrazione, è vestito di un granato notturno, impenetrabile. Naso molto invitante, persistenza e spinta alcolica non mancano, a sostegno di un bouquet non originalissimo ma complesso ed articolari, tra i richiami più scontati del frutto nero maturo, note di spezie dolci e piccanti, leggero sentore di vaniglia e soprattutto una nuance terrosa che conferisce un tocco di rusticità al naso e ne esalterà soprattutto il sorso... Caldo e avvolgente con tannino importante ma ben delineato. Vino stilisticamente ben fatto, non eccede ne in tecnicismi ne in ruffianaggine, mantenendo il sorso carico e teso, piuttosto intrigante grazie ad un tocco rustico che lo mantengono interessante fino all'ultimo bicchiere, senza dimenticare una dolcezza sudista. Il finale decisamente lungo si inabissa lentamente, per un vino che sa essere notturno e rustico come il suo terreno arso e roccioso, ma al contempo solare e corposo come il suo clima mediterraneo ed estivo.

Non ho un grande background su questa tipologia di vini... difficilmente, per questione di gusto personale li acquisto, ma devo ammettere che nonostante la gradazione alcolica elevata, sono riuscito a finire la bottiglia senza fatica e con gran piacere gustativo. Sicuramente ricorda i nostri migliori Primitivi, risultando quindi un vino che può piacere a molti... a me mi ha ricordato anche un po' alcuni vini della Roija...

Che altro posso dirvi... 20 euro li vale... quindi se passate da Ston... e volete portarvi a casa una buona bevuta... il Gaspar sa essere convincente...

mercoledì 10 settembre 2014

Il GRK di Korcula, l'autoctono garagista di Bartul Cebalo e Zoran Cebalo-Popic


Quel che resta oltre alla buona bevuta, è il fascino che ammalia ogni eno-appassionato di fronte a questi vini mai conosciuti prima, 40 ettari di vigneti incontaminati che potete trovare qui e solo qui.
 
Eccomi alla seconda puntata della serie “Eno-racconti vacanzieri”, ovvero stappo-bevo-racconto i vini che ho acquistato durante il mio tour estivo ad est dell’adriatico. Archiviata la Zilavka, vino autoctono della Bosnia-Erzegovina, mi sposto alla ricerca di un tipico vino croato. Mi è bastata una piccola ricerca su Google per capire che il sud della Dalmazia era praticamente imperdibile per svariati motivi, eno-gastronomia compresa…  Provenendo dall’Herzegovina tappa obbligatoria a Dubrovnik, per poi risalire 120km direzione nord, attraversare la penisola di  Peljesac  e traghettare in quella che sembra un suo naturale prolungamento tagliato dal mare, ovvero l’isola di Korcula. 

La bellezza paesaggistica di questi luoghi non si discute, così come la trasparenza delle sue acque, difficile pensare che siamo pur sempre sul mare Adriatico… turismo italico non di massa... perché il grosso si ferma in Istria e sulle isole più rinomate, e poi ci sono alcune chicche eno-gastronomiche  interessanti. Qui infatti non solo si allevano le ostriche (che potete gustare direttamente lungo la strada), ma si trovano anche due uve  autoctone tra le più interessanti dell’intera Croazia… lo storico GRK, vino bianco, figlio di una minuta produzione super-garagista dell’isola di Korcula (che vado a stappare oggi) e il Plavac Mali, vitigno tipico della penisola di Peljesac da cui si ricavano i migliori rossi riserva… (che sarà l’argomento del terzo post sui vini delle vacanze).

Concentriamoci quindi sul GRK… vitigno a bacca bianca piuttosto particolare che si trova solo sull’isola di Korcula, precisamente nel piccolo comune di Lumbarda, che si affaccia sul mare ad est dell'isola. Le vigne e le relative cantine produttrici di GRK si trovano proprio nel cuore del paese, la strada principale attraversa i vigneti situati a pochi metri dal mare, una collinetta dolce con piante piuttosto disordinate (non pensate ai classici filari perfettamente allineati) che arrivano fino a bordo della strada sostenute da muretti a secco. Qui è un po' un miscuglio di viti vecchie pre-fillossera allevate ad alberello ed altre più giovani… alcune piante sono quasi invisibili, superate dall’erba spontanea che cresce attorno, altre invece risaltano a cospetto di un terreno rossastro sabbioso e secco. Come mi spigheranno i produttori, nei piccoli vigneti (meno di un ettaro per cantina) sono anche mischiate le piante a bacca bianca (il GRK) e quelle a bacca rossa (il Plavac Mali).  Una confusione controllata, in quanto il mix di piante (un filare di Plavac Mali, ogni 3/4 di GRK) serve a favorire l'impollinazione del GRK (solo fiori femmina che non possono autoimpollinarsi).

In tutto sono solo 7 le cantine a conduzione familiare produttrici di GRK, per un totale di 20.000 bottiglie o poco più..  Insomma se volete provare questa chicca garagista,  dovete recarvi direttamente dai produttori di Lumbarda, o eventualmente rivolgervi a qualche ristorante di livello o enoteca ben fornita delle principali città croate, tipo Spalato o Dubrovnik (ma occhio perché ve lo fanno strapagare). Quindi date retta a me... venite al mare qui e fatevi un bel giro cantine che ne vale la pena.
Prima di arrivare alla piccola chiesetta situata al centro di quest’area vitata, sulla destra noto una strada in leggera salita che taglia i vigneti e un cartello con la scritta konoba, che in croato è il corrispettivo di cantina… imbocco la strada  speranzoso di poter essere accolto e poter finalmente assaggiare il GRK… arrivo, parcheggio e mi ritrovo due abitazioni una accanto all’altra con un garage e un cortile, se non fosse per il cartello all'ingresso difficile immaginarsi li una cantina… Ma così é… davanti a me la Popic vinarija… alla mia destra quella di Bartul Cebalo, ai loro piedi il pendio con i vigneti…

Le due cantine vicine di casa, sono una lo specchio dell'altra... poco più di un garage dove svolgere tutte le attività produttive… una cisterna di acciaio per il bianco, un paio di barriques per i rossi, un po’ di bottiglie accatastate, un paio di macchinari e fine della storia. All'esterno un piccolo cortile per le operazioni di carico/scarico, lavaggio ecc... ed una bellissima pergola con tavolo e sedie per gustarsi il vino mentre si scrutano i vigneti, il mare e il borgo di Lumbarda. Piccolo ma grazioso, curato e ben pulito.
Nonostante sia ora di pranzo, sono il ben venuto da entrambi i produttori... la produzione è identica... il GRK è il vino di punta, fa solo acciaio, e l'uva viene vendemmiata appena é pronta, per evitare eccessi di maturazione, ed è da bersi giovane nell'arco di 2/3 anni. Poi c'è il rosso, il Plavac (decisamente meno interessante), che affina un anno in barriques usate e risulta piuttosto didascalico. Ognuna di queste cantine produce in totale dalle 5000 alle 7000 bottiglie l’anno. Assaggio tutto, ringrazio e come sempre (anche per ricambiare la gentilezza) mi porto a casa un paio di bottiglie per cantina che ora vado a stappare.
 
Cantine una attaccata all'altra, vigneti che quasi si confondono, vinificazioni e affinamenti uguali, stessa gradazione alcolica... insomma cambia solo l'etichetta, perché anche le differenze nel bicchiere sono impercettibili. A sentire i produttori, ovvero vino giovane da bere fresco, mi sarei aspettato un bianco più beverino, magari complesso ma fine ed elegante, invece il GRK dimostra da subito il suo carattere mediterraneo, marino ed estivo... quasi a ricordare i nostrani bianchi del sud. Si tratta di un vino di color giallo carico, con riflessi dorati... piuttosto velato e leggermente intorbidito (si osservano dei residui nella bottiglia di Popic). 

Naso per nulla timido, spigliato e pungente se ne apprezzano sia le note di frutta gialla matura, sia quelle più amarognole che ricordano la macchia mediterranea... non solo gli aromi (salvia, timo, alloro), ma anche il profumo del pino marittimo, senza dimenticare la pungente salinità portata dal mare. Al palato è pieno e vigoroso, la beva piuttosto impegnativa e decisamente poco snella. C'è un eccesso di "bananizzazione" per i miei gusti, anche se a primeggiare oltre ad un' alcolicità viva (14%vol), sono le acidule note del lime e della scorza di limone, oltre ad una vena sapido-minerale piuttosto pungente, che conferisce acidità e allungo, lasciando, dopo un ingresso "maturo e grassottello", una piacevole sensazione amarognola.

Un vino non originalissimo e nemmeno buonissimo (ma qui entriamo sul personale), complesso si, ma con poca finezza, che sfoggia come valore aggiunto una storia e una tradizione unica, che lo rendono con la sua micro produzione handmade, una chicca da preservare, oltre che una perla di artigianalità e unicità. Le 100 kune investite (circa 13euro) per ogni bottiglia, sono spese con piacere, ma le 230 kune richieste da un enotecaro di Trogir, sono veramente un eccesso, anche per un vino così raro al di fuori del comune di Lumbarda.

Quel che resta oltre alla buona bevuta, è il fascino che ammalia ogni eno-appassionato di fronte a questi vini mai conosciuti prima, 40 ettari di vigneti incontaminati che potete trovare qui e solo qui.

mercoledì 3 settembre 2014

ZILAVKA 2012 - Vukoje

Enoracconti vacanzieri... assaggio di Zilavka... il più conosciuto e apprezzato vino bianco dell'Erzegovina... C'è sempre una prima volta!


Dopo quasi un mese di meritata astensione vacanziera da SimodiVino, ritorno a gettare inchiostro digitale, sicuro che nessuno di voi abbia sofferto la mancanza di new-post in questo agosto ormai alle spalle. Comunque, giusto per la cronaca, vi informo che quest'estate non mi sono concesso un vero e proprio viaggio da backpacker come faccio solitamente, ma mi sono rilassato rimanendo in continente, (più o meno...) comodamente auto munito e indirizzato verso est. Con partenza obbligatoria dal Collio Friulano, ho girovagato in quello che fu il regno di Tito e in seguito di una guerra troppo vicina a noi, nel tempo e nei chilometri, per non subirne ancora un fascino macabro e doloroso. Riflessioni e revisioni storiche, che sembrano non scalfire il turista da spiaggia e da barca a vela. (tanto per intenderci la cosa più bella vista nell'affollata Dubrovnik, é stata la mostra fotografica permanente sulla guerra dell'ex Jugoslavia... ed eravamo dentro in 4 gatti...). 

Comunque il bello del viaggio "on the road by car" é la libertà di poterti muovere dove, come e quando ti pare e non dover rinunciare a qualche acquisto eno-gastronomico. Quindi preparatevi, perché i prossimi post saranno dedicati (con un po' di malinconia) a quanto raccolto durante le vacanze estive. Ad eccezione del Collio Sloveno, zona stupenda e di cui ben si conoscono le qualità dei vini proposti, poco sapevo in merito al vino di Bosnia, Croazia, Grecia... e la prima nota positiva é stata osservare una buona quantità di aree vitate incontrate da nord a sud, sia nelle zone collinari e impervie a ridosso sul mare, sia in alcune distese pianeggianti a fondo valle. 

Ebbene, qui la cultura del vino é ben radicata e ha radici antiche, mentre oggi dopo una dittatura e una guerra, si cerca di rilanciare l'immagine di un intero movimento che, tralasciando alcuni vini autoctoni, sembra puntare molto sui vitigni internazionali, le scritte "barrique" (ben esposte in etichetta) e la modernizzazione delle cantine. Sembra stiano vivendo ora, con alcuni anni di ritardo rispetto all'Italia, la corsa ai mercati internazionali, alle bottiglie importanti, ai riscontri delle guide... e anche i prezzi dei vini più blasonati, sono al livello dei nostri Barolo o Amarone. Insomma si inizia anche qui a puntare su vini di qualità.

Passando al bevuto, tralascio la decina di bottiglie acquistate e consumate in loco, vini sotto le 10euro principalmente a base Grasevina e Plavac Mali i due vitigni più diffusi in Croazia, che non hanno lasciato spazio a grandi soddisfazioni e ottimi ricordi. 

Con il vino di oggi parto con quanto scaricato qui in cantina e la prima bottiglia proviene dalla Bosnia Erzegovina. Ho fatto un giro a Mostar e dintorni, e anche qui si osservano parecchi appezzamenti vitati nelle zone pianeggianti. Mi ero un po' informato preventivamente, avevo letto dei vini autoctoni bosniaci e della sua tradizione vitivinicola, ma oserei dire "alla cieca", sono entrato in un negozio dove ho adocchiato una buona quantità di bottiglie e dopo un buon quarto d'ora di ricerca, sono riuscito a trovare un vino bosniaco prodotto con uve autoctone.  

Zilavka a bacca bianca e Vranac a bacca rossa, sono le due principali uve autoctone bosniache, il fiore all'occhiello della viticoltura di questa regione e così ho tirato su questa bottiglia di Zilavka della cantina Vukoje, che é un vitigno tipico della regione dell'Erzegovina per intenderci, quindi a sud-ovest, verso il mare e il confine croato, terra dai suoli ricchi di pietre e argilla sabbiosa, con un clima caratterizzato da estati molto calde. Come spesso capita quando si acquista alla cieca in un'enoteca standardizzata e si annaspa tra decine di etichette sconosciute, ho iniziato con la ricerca di una chicca e ho concluso con l'acquisto del un bianco più costoso tra i presenti, sperando così di portarmi a casa un vino di qualità.  

Scoprirò in seguito che Vukoje é una della cantine più conosciute e premiate a livello internazionale, che può vantare tecnologie moderne e una cospicua produzione. Comunque il vino in questione mi é costato 12 euro e 50, ha una gradazione di 12.7 gradi e insieme al vitigno Zilavka viene impiegato in piccole percentuali anche il vitigno Blatina. 

Nel bicchiere si presenta tecnicamente ben fatto, vestito di un giallo paglierino con riflessi verdognoli, pulito, limpido. Pungente e amarognolo, non spicca per complessità, pur rilevando una discreta struttura. Si segnalano le sensazioni più "cariche" di frutta a pasta gialla, ma sono soprattutto le note verdi a primeggiare, salvia e rosmarino, lime e pompelmo, accompagnate da una mineralità spiccata. La beva é pulita e scorrevole, quasi sgrassante, ma non pensate ad un vino beverino. Nota "stonata" una vena acida piuttosto pungente, eccessiva e non perfettamente integrata. Mi piacciono i bianchi verticali, minerali e di spiccata acidità, ma in questo caso anziché sostenere e dare piglio alla beva, la rende scorbutica, perdendo in piacevolezza.

Poco altro da dire.. avrà anche meritato riconoscimenti in mezza Europa, ma per quanto mi riguarda, poco entusiasmo, per un vino che ha dalla sua soprattutto il carattere. Come sempre questo blog é un libro aperto a tutti... chi ne sa più di me e vuole integrare con le proprie esperienze e conoscenze, é come sempre il benvenuto... stay tuned...

PIACIUTO L'ULTIMO POST?? ALLORA LEGGITI ANCHE QUESTI >>

Clicca sulla foto per accedere al post....

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!
Il solito grande classico di fine anno... puntuale come il mercante in fiera, eccovi la playlist di questo 2015...

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti
...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto
Ancora Crealto, ancora un grande vino... prendetemi alla lettera, la loro Barbera affinata in terracotta è una chicca che sorprende e affascina...

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione
"Per noi acquistare una bottiglia di vino, significa acquistare consapevolezza e sapere, oltre che la gioia di godere di un vino come poesia"

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna
Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus... non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce
Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto
Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi
Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine
...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello
Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia
...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori
...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.